Sprechi, consulenze e pareri. Tutto quel che l’indagato neo-ministro Manfredi non spiega

30 Dic 2019 15:55 - di Redazione
Manfredi

Si scrive rettore, si legge barone. Si scrive Manfredi, si legge ministro indagato. Per Conte, la nomina del nuovo titolare del dicastero dell’Università, nato dallo sdoppiamento del Miur, si fa questione sempre più rognosa. A rendere l’atmosfera ancor più incandescente a dispetto del gelo polare di queste ore, sono certamente i titoli dei giornali e dei siti vicini all’opposizione di centrodestra. E non (o non solo) per partito preso. Ma proprio perché è necessario capire nel dettaglio tutto ciò che si muove intorno all’università e come sia stato possibile per un rettore trovarsi nel mezzo di un’inchiesta giudiziaria.

Un articolo di Becchi svela il lato oscuro dell’università italiana

Tutto risiede, come spiega un articolo del professor Paolo Becchi su Liberoquotidiano, nella commistione pubblico-privato che ormai è di casa negli atenei. Organismi come consorzi o fondazioni, che a loro volta ruotano intorno alle facoltà e ai centri di ricerca. L’obiettivo è chiaro: “spolpare” l’osso con una forma giuridica lavorativa di tipo privatistico conservando i vantaggi del posto pubblico. Tradotto, significa godere dello stipendio senza per questo rinunciare a laute consulenze commissionate proprio da quegli stessi organismi. Tra i baroni e i rettori universitari – spiega Becchi – è una prassi molto diffusa. Non solo, ma possono sfruttare consorzi e fondazioni per sistemare con “chiamata diretta” dottorandi e ricercatori. Parliamo di sacche di precariato. I contratti sono infatti a tempo determinato e senza nessuna garanzia di futuro.

Manfredi è stato presidente dell’Amra

Un’altro filone remunerativo è quello dei “pareri tecnici” dato dai dirigenti di ricerca dei diversi enti pubblici consorziati. Questo meccanismo fa credere ai cittadini ed al committente che il “parere tecnico” sia dato da un intero ente di ricerca. Ma non è così. In realtà, quel parere è dato da singoli ricercatori, spesso accondiscendenti rispetto al committente. È la premessa di quello che Becchi ha definito il mercimonio dei “pareri tecnici” controllati dai consorzi-fondazioni-co-partecipate. Un esempio per tutti è l’Amra, società legata alla Federico II di Napoli, di cui è stato presidente proprio Manfredi. A giudizio di Becchi, è stato proprio il meccanismo dei “pareri tecnici” ad aver portato all’iscrizione di Manfredi nel registro degli indagati. Nel suo caso, i pareri riguardavano i criteri per da rendere antisismiche le case all’Aquila. È probabile, però, che finisca tutto in prescrizione. Ma questa è tutta un’altra storia.

Commenti

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  • Giuseppe Malaisi 30 Dicembre 2019

    E’ cosa nota che i prof. universitari fanno da sempre cicci e coccò: basta vedere chi ha fatto i Piani Regolatori Generali negli ultimi 60 anni o i progetti delle maggiori infrastrutture del nostro paese per capire come è andata.
    D’altro canto la stessa Magistratura amministrativa (Consiglio di Stato e TAR) si avvalgono, chissà perchè, di dipendenti pubblici per effettuare VERIFICAZIONI cioè consulenze tecniche.
    In buona sostanza i liberi professionisti, accusati di essere evasori fiscali, STANNO A GUARDARE quelli che hanno la doppia occupazione.