Piazza Fontana, il j’accuse di Merlino alla giustizia: ho subìto 17 anni di processi da innocente

8 Dic 2019 16:00 - di Redazione
PIAZZA FONTANA MARIO MERLINO

Il j’accuse alla giustizia di Mario Merlino, sotto processo per 17 anni per la strage di Piazza Fontana e risultato, poi, innocente, è implacabile.

«In questi 50 anni ho vissuto senza mai un incubo. Una notte in cui abbia sognato chiavistelli o aule giudiziarie. Non so se sia per la mia coscienza pulita o cos’altro. Alla fine non avevo che due possibilità, sentirmi schiacciato da 17 anni di processi e 3-4 di carcere. Oppure considerare tutto questo distante».

Merlino, oggi 75enne, tra i fondatori del Circolo anarchico 22 marzo, indagato e poi assolto per i fatti collegati alla strage di Piazza Fontana di cui ricorrono i 50 anni giovedì prossimo, torna con la memoria al suo calvario.

«Quando alle 8 di sera di quel 12 dicembre i poliziotti in borghese vennero a prendermi a casa -ricorda Merlino – per portarmi in Questura, mi dissero “solo per un confronto”. Mia madre mi disse “ti aspetto per cena”. Mio padre, che accese in quel momento la tv, mi urlò che c’era stata una strage a Milano. Ricordo che, nella mia ingenuità, pensai “e io cosa c’entro?».

Ma Merlino non sapeva, in quel momento, quanto potesse sbagliarsi. E quale odissea lo stava attendendo.
Diciassette anni di processi. E un’accusa infamante e terribile che, alla fine, è riuscito a scrollarsi di dosso.
In mezzo un lungo, doloroso, cammino.
Un quarto di vita che lo Stato e i magistrati si sono presi. E che nessuno potrà mai restituire a Merlino.

«Insomma, ero a Roma, – spiega così quei momenti concitati Merlino – come poteva riguardarmi un fatto avvenuto a Milano?».

Nulla di più sbagliato. La Giustizia in Italia può essere feroce e implacabile. E può ostinarsi a perseguitare innocenti con una spietatezza cieca. Così come, appunto, è acaduto a Merlino per Piazza Fontana.

«Poi si sono incatenate una serie di cose che mi hanno trascinato in 17 anni di processi fino alla Cassazione. – dice Merlino riassumendo così in poche parole un quarto della sua vita – Non è servita la lunghezza di quel processo, come di altri, a risolvere i problemi della giustizia visto che oggi si parla ancora di prescrizione».

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