La denuncia di Enrico, 60 anni: “Con 27 anni di contributi, vivo da barbone”

6 Dic 2019 18:59 - di Redazione

Dopo 40 anni di lavoro è costretto a vivere da barbone. In mezzo ai cartoni alla stazione Termini. La storia di Enrico Casali, 61 anni, è quella di un lavoratore, vittima di un sistema sociale e lavorativo che penalizza molti italiani. Vive in un centro di accoglienza per persone senza dimora. Il centro che da qualche mese è diventato casa sua.

Condannato dal sistema Italia a vivere da barbone

Lo ha raccontato all’Adnkronos, in un’intervista toccante. «Sono nato a Roma – ha raccontato Enrico – nel 1958, faccio 61 anni il 29 dicembre ma non vivo più qui, la mia vita è in Ecuador, il Paese di mia moglie. A ottobre dell’anno passato sono tornato in Italia per prendere il pin dell’Inps e fare i documenti per ottenere la pensione. Ho fatto per 40 anni il muratore: palazzine intere, case, caminetti, forni, di tutto. Sono contento del lavoro che ho fatto ma ora, come giusta regola – dice – mi dovrebbero dare la pensione che mi spetta di diritto. Io ero tornato qua per questo». L’idea di Enrico era quella di restare qualche mese, il tempo di sistemare tutte le pratiche, e nel frattempo tornare a lavorare con il vecchio principale per potersi mantenere e comperare il biglietto di ritorno. Ma le cose non sono andate come sperava.

La speranza di Enrico? Lasciare l’Italia

«In poche parole il principale mio pur avendo una ditta grossa ha chiuso, io dopo non ho potuto più lavorare né ricomprare il biglietto per tornare a casa. Mi sono ritrovato solo, senza un soldo e a dormire in mezzo alla strada». Una condizione da barbone, impensabile fino a poco tempo prima.
Sì perché trovare lavoro a 60 anni, anche se l’esperienza accumulata è grande, nei cantieri come altrove non è facile. E finire per strada per la prima volta nella vita a quell’età è durissima. “Mi sono ammalato, mi è venuta la tubercolosi polmonare sia perché dormivo per terra e non mangiavo più, sia per il lavoro che ho fatto per anni sempre a contatto con la polvere”.

Adesso infatti, spiega tra lo speranzoso e lo scettico Enrico, «forse il male va per il bene: con la malattia che ho avuto potrei richiedere un anticipo della mia pensione». E nonostante non abbia raggiunto i 67 anni di età e con “solo 27 anni di contributi versati – spiega Enrico – mi potrebbero dare tre quarti di pensione. E per me va benissimo, non voglio di più. L’importante – conclude – è tornare da mia moglie che è più grande di me e che amo tantissimo e riprendere la mia vita con lei avendo quello che ci basta per vivere tranquilli gli anni che restano”.

Commenti

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  • maurizio pinna 7 Dicembre 2019

    Non è più una Patria ma un Paese ingrato quello che per una mezza pensione costringe un suo figlio a venire di persona da lontano ed a ridursi a “barbone”. Eppure le compagne gazzettiere e canterine, che passano la vita a scopiazzare, hanno il tempo e bruciano il loro fosforo solo per criticare ciò che pensa la destra, come se il libero pensiero fosse un delitto, come quando a comandare era lo straniero. Straniero che un tempo veniva a dominarci e che oggi, addirittura, in nome di principi scellerati e truffaldini, viene indotto ad invaderci per depredarci di tutto, come se ancora restasse qualcosa da rubare, in questo triste e tristo inverno giacobino.