I gesuiti cileni “cacciano” un gesuita pedofilo di 96 anni. Ma se lo tengono in casa

13 Dic 2019 12:49 - di Redazione
I gesuiti

I gesuiti cileni cacciano il gesuita pedofilo. E sperando che non se ne scoprano altri. Perchè questo è uno schifo che non ha fine nella Chiesa. Come, per fortuna, la voglia di giustizia, terrena o divina. Così ecco il burocratese della Compagnia di Gesù del Cile. Si riferisce di due decreti del superiore generale, padre Arturo Sosa. Entrambi su padre Leonel Ibacache, 96 anni. Padre, per dire. Perchè trattasi di viscido verme responsabile di abusi sessuali su cinque minori. Il decreto è successivo al processo penale della Congregazione per la dottrina della fede (Cdf). Col quale i crimini del pedofilo “sono stati chiaramente accertati dall’indagine e confermati nel processo”. Solo dopo questa pronuncia i gesuiti si sono mossi. Costretti dall’evidenza innegabile. E perchè la Congregazione vaticana ha chiesto al padre generale di imporre sanzioni per questi crimini. Si stabilisce una pena perpetua per il sacerdote, senza un limite di tempo. Niente sacramenti in pubblico o in privato; divieto di esercitare qualsiasi ministero pastorale; divieto di avere contatti con i minori (ma dai!). Il secondo decreto espelle padre Ibacache dalla Compagnia di Gesù. Che comunque -sono gesuiti!- resterà “casa sua”.

I gesuiti provano a glissare

I gesuiti cileni poi danno la loro versione dei fatti. Nel febbraio 2018, padre Cristian del Campo, allora provinciale, “ha ricevuto una denuncia per abuso sessuale contro padre Ibacache. Pertanto, ha decretato l’apertura di un’indagine previa, affidata a Waldo Bown. Nell’adempiere a tale incarico, Bown ha ricevuto la testimonianza di cinque denuncianti, che hanno accusato padre Ibacache di gravi crimini contro minori. Le vittime avevano meno di 16 anni al momento degli eventi (tra il 1968 e il 1995)”. Considerando il suo deterioramento mentale e fisico, tipico dei suoi 96 anni, padre Ibacache continuerà a vivere in una casa della Compagnia di Gesù, sotto assistenza medica e rispettando le sanzioni inflitte. “Alla fine di questo processo canonico, e come stiamo facendo in altre situazioni dolorose, la nostra prima priorità sarà quella di mettere a disposizione i mezzi necessari per aiutare le vittime nei processi di riparazione”, conclude la Compagnia di Gesù.

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