Violenza sulle donne, le operatrici della sanità rischiano più dei colleghi uomini
Sul tema della violenza sulle donne riceviamo e volentieri pubblichiamo
Violenza è una parola enorme, carica di significati, non sappiamo più come contenerla. Non ci rendiamo neanche più conto di quanto ci attraversi, di quanto questa conviva con noi costantemente nelle mancanze di rispetto. Nelle risposte sgarbate, nei cambiamenti di umore repentini per qualsiasi sciocchezza, negli schiaffi morali che sono il pane quotidiano di tanti di noi.
Le donne sono un anello molto debole di questa società, anche se si ama sostenere il contrario. Dire che sono più forti è l’ennesima presa in giro, la beffa oltre il danno. Sì, dobbiamo imparare a stare sulle punte sin da quando siamo piccole e non certo perché andiamo a danza classica, ma perché i nostri passi a lungo andare infastidiscono sempre qualcuno. Dio solo sa quanto mi viene da ridere quando sento certi uomini dire: “Nella prossima vita voglio nascere femmina” o “mia moglie? Ma è lei che ha il cordone della borsa!”. Oppure, questa è bella: “E’ meglio che rientro perché se no il capo chi lo sente!”. Già, il capo. Di queste frasi potrei elencarne una serie lunghissima, ma le mie risate diventerebbero un ghigno e poi un volto indurito dall’evidente rabbia.
Ecco qui i dati dei femminicidi dall’ anno 2000 ad oggi solo in Italia: le donne uccise sono 3.230, di cui 2.355 in ambito familiare e di queste 1.564 per mano del proprio coniuge/compagno o ex.
Nei primi dieci mesi dell’anno ci sono stati 95 omicidi le cui vittime sono state donne, praticamente una ogni tre giorni, dati da guerra in Iraq. E invece fatti che si consumano anche a poca distanza da casa nostra, dietro le nostre porte, al di là dei pianerottoli dei nostri palazzi.
Fra queste donne ci sono anche vittime della criminalità comune, uccise da conoscenti o sul posto di lavoro.
Violenza sulle donne, tra le più coinvolte le operatrici della sanità
Violenza non è solo il caso estremo, la morte, che è l’ultimo atto. All’inizio ci sono le ingiurie, le offese, le botte, le minacce. Quante donne subiscono tutto questo ogni giorno e quante tra sorrisi e complimenti sono costrette ad accettare attenzioni non gradite da parte del datore di lavoro, di un familiare o di chi dà loro da vivere.
Ci siamo occupati molto in questo anno con la Cisl Medici Lazio di violenza contro la categoria medica e di tutti i professionisti della sanità. A fare le spese di queste aggressioni continue negli ambulatori di periferia, nei Pronto Soccorsi, nei turni di notte all’interno delle ambulanze, nei soccorsi quando si va a casa dei pazienti o per strada, sono moltissime professioniste donne. Perché è questo che fanno i medici e i sanitari, questo è il loro compito e i medici sono anche tante donne che prestano servizio sul campo h24.
Le donne medico e le donne infermiere sono vittime di episodi quotidiani di violenze sia verbali che fisiche. Rischiano la pelle anche più dei colleghi uomini, non fosse altro che per un fatto di scarsa prestanza fisica, forse anche per una predisposizione naturale all’ascolto, chissà. Ci sono state donne aggredite molto seriamente, alcune violentate ed è il caso di tornare all’episodio della dottoressa di Trecastagni, vicino Catania perché un ripasso della storia non fa mai male, ma non è l’unico caso. Ci sono state donne medico aggredite col coltello nel parcheggio dell’ospedale. E ci sono numerosi casi quotidiani che non vengono neppure segnalati alla Direzione Sanitaria, perchè si è persa la speranza e ci si sente sole.
Non si tratta di casi isolati ma di fatti che si ripetono ogni giorno e con il decadimento dei valori cui stiamo assistendo sono diventati routine. Ci stiamo assuefacendo a tutto ma non possiamo soccombere ad una società che sta andando a gambe all’aria.
Le donne sono madri, sono ventre che accoglie, sono terra fertile, le donne hanno tanta strada da fare, ma non si arrendono.