Dacca, condannati a morte i terroristi islamici che assassinarono nove italiani nel 2016

27 Nov 2019 15:13 - di Giovanni Trotta
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Dacca, la giustizia ha fatto il suo corso. Un tribunale antiterrorismo di Dacca, la capitale del Bangladesh, ha condannato sette persone alla pena di morte. In relazione all’attacco sferrato il primo luglio 2016 contro il ristorante Holey Artisan Bakery nel quartiere diplomatico di Gulshan nel quale morirono 22 persone, tra cui nove italiani. Lo riferisce il sito Bdnews24. Mojibur Rahman è il giudice che ha emesso le sentenze, contro le quali gli imputati possono ricorrere in appello. I sette condannati a morte erano presenti in tribunale al momento della lettura della sentenza. Un altro imputato è stato assolto

“La giustizia ha fatto il suo corso”

“La prima reazione è stata umana, emozionale, mi ha lasciata neutra nel senso che nulla potrà cambiare le cose e riportare indietro mia sorella. Poi, da persona di legge e sotto il profilo razionale ho pensato la giustizia ha fatto il suo corso. Ferme restando le mie personali riserve sulla pena di morte”. Così all’Adnkronos Patrizia D’Antona, sorella di Claudia, una delle 9 vittime italiane uccise nell’attentato di Dacca nel 2016. “Ora – ha aggiunto – mi auguro che questa sentenza chiuda definitivamente la vicenda, anche sotto il profilo dei benefici parentali previsti dalla legge italiana per le vittime di terrorismo”.

A Dacca assassinata anche una donna incinta

“L’odio è una soluzione che ho scartato già tre anni fa”. Lo dice don Luca Monti, parroco di Santa Lucia di Serino, in provincia di Avellino. Tra le vittime ci fu anche sua sorella Simona, 33 anni e incinta di cinque mesi. “Ho appreso proprio ora delle condanne. Cosa provo? Io sono un sacerdote, sto cercando di capire anche io. Sto in un silenzio per cercare di capire tutto. L’odio è stata una soluzione scartata tre anni fa, appena ho saputo che Simona era tra le vittime, oggi confermo le stesse cose che dissi allora. Da essere umano sono contento che la giustizia faccia il suo corso anche in un Paese non occidentale e con le sue lentezze. Per il resto preferisco pregare”. E il sentimento d’odio non viene alimentato nemmeno dalla consapevolezza che, oltre a perdere Simona, ha perso un nipotino che oggi avrebbe due anni. “L’esperienza del mio dolore la offro a Dio ogni giorno”, spiega Don Luca.

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