Strage di Bologna, il giallo: l’album fotografico delle vittime esiste, ma è sparito
Strage di Bologna: riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo,
caro direttore,
Il presidente della Corte d’assise che sta processando Gilberto Cavallini, Michele Leoni, ha respinto in modo apparentemente ineccepibile la proposta di ulteriori esami del “dna”: per appurare se lo “scalpo” rinvenuto tra le macerie della stazione di Bologna appartenga a una “Ignota 86”; oppure sia una parte del corpo di una delle vittime già note.
Le ragioni del rifiuto di altri esami del Dna
Queste, in sintesi, le ragioni del rifiuto. In primo luogo quello in atto non è un processo di revisione per la strage di Bologna, ma un procedimento volto a verificare il ruolo che potrebbe aver svolto l’imputato; in secondo luogo, perché l’esame che ha escluso categoricamente che lo “scalpo” appartenga a Maria Fresu ha anche stabilito un altro particolare: che la bara dove era conservato contenesse anche i resti di un diverso soggetto; a sua volta vittima della strage, aggiungendo confusione a confusione;
in terzo luogo, perché, data la drammaticità della scena della stazione di Bologna, il 2 agosto 1980, per chiunque <sarebbe stato impossibile individuare e selezionare un corpo da far sparire>. E questo renderebbe illogica la tesi della sparizione di Maria Fresu. A queste considerazioni, le parti civili hanno aggiunto le loro perplessità sul fatto che nessuno può dire come sia stato conservato lo “scalpo” in questi 39 anni.