Russiagate, Conte nei guai: Barr lo smentisce. E l’affare-Retelit s’ingrossa
Giuseppe Conte aveva negato di aver fornito informazioni agli Usa, ma Raymond Barr lo smentisce. E il Russiagate è sempre più un incubo per il premier. Tutto ciò nonostante ieri, al Copasir, il direttore del Dis Gennaro Vecchione rispondendo alle domande dei parlamentari, avesse provato a dare spago alla linea di Conte. Vecchione non aveva potuto negare verifiche su quanto chiesto dal politico statunitense. Ma aveva assicurato che non c’era stato alcuna consegna a William Barr, ministro della Giustizia. Il quale aveva indagato per conto della Casa Bianca in una controinchiesta sul Russiagate per dimostrare che i Democratici avevano lavorato sotto traccia. Obiettivo: provare a condizionare la vittoria di Trump alla vittoria alle Presidenziali americane del 2016. Ad aiutare i nemici di Trump, secondo le teorie della Casa Bianca, i Servizi Segreti europei. Compresi quelli italiani sotto i governi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni.Stati Uniti.
Russiagate, Barr smentisce Conte
Secondo il Corriere della Sera, in un’ intervista alla Fox News, emittente vicina a Donald Trump, Barr ha confermato il passaggio di informazioni attraverso il procuratore Duhram. “Alcuni dei Paesi che Durham riteneva potessero avere alcune informazioni utili volevano discutere preliminarmente con me della portata dell’ indagine. Ma anche della sua natura, di come intendessi gestire informazioni confidenziali e via dicendo. Ho discusso queste questioni con quei Paesi. E ho stabilito un canale attraverso il quale Durham potesse ottenere assistenza da loro”. Secondo il “Corriere“, il fatto che adesso Barr parli di canale aperto e di assistenza fa comprendere che alcuni elementi sono già stati raccolti. Nonostante Conte e Vecchione lo neghino.
Intanto, potrebbe finire davanti al Copasir e davanti al Parlamento anche il caso Retetil che coinvolge il premier per un presunto conflitto d’interessi. Ieri, dopo le smentite e le giustificazioni di Conte, l’Espresso ha pubblicato la fattura pagata all’allora avvocato, che di lì, a poco sarebbe diventato premier.