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L’ammissione di Zingaretti: “I sovranisti sanno ascoltare gli italiani”

Politica - di Redazione - 31 Ottobre 2019 - AGGIORNATO 31 Ottobre 2019 alle 17:11

“Non si vive senza una “casa’” scrive ancora il segretario dem che riconosce alla destra sovranista in tutto il mondo e alla Lega in Italia, in particolare, di saper proporre e offrire “approdi forti e chiari”. Certo, aggiunge, sono approdi “autoritari, regressivi e intollerabili per noi, illiberali e xenofobi”. “Ma sono approdi, forme cui aggrapparsi”, analizza. “Simboli identitari e sicurezze ideologiche” che danno forza e sostanza ai singoli e alla collettività.

Zingaretti riconosce: “Abbiamo gravi colpe”

E riconosce: “Salvini è il migliore a raccontare e rappresentare i problemi” ma è anche “il peggiore a risolverli”, chiosa subito dopo. Di più: “È un tifone di bugie raccontate con un sorriso”. Da qui l’autocritica, perché di fronte a questo enorme macigno “il centrosinistra non è stato in grado di fare altrettanto sulla base di un suo rinnovamento ideale, programmatico e identitario”, scrive ancora il segretario, che nell’analizzare questa dispersione di forze e di intenti ammette che per arrivare a questo punto “ci abbiamo messo anche qualcosa di nostro”.

La lista delle mancanze

E fa l’elenco degli errori, come lo sono “una storia di conflitti, separazioni, di chiusure e a volte di egoismi”. Per poi mettere sotto accusa l’essersi rintanati, chiusi a riccio “nel proprio io”, nelle proprie certezze, quando invece l’essenziale era “far sentire al popolo la forza del noi e la voglia di sentirsi parte di una comunità” e puntare l’indice contro una prassi, un modo di fare molto comune nel suo schieramento: “Solo nel campo democratico è stata così forte la spinta a difendere le proprie posizioni in modo assertivo e solitario”, accusa.

L’osservazione di Zingaretti

Da questa osservazione, Zingaretti fa perciò anche discendere la constatazione di aver avvertito a volte “una resistenza politica, ma persino psicologica, ad aprirsi davvero a una ricerca libera per costruire un destino comune”. In questo quadro il Pd che fa? “Resiste” e allo stato attuale lo si può considerare anche come l’unico “argine” all’ondata impetuosa della destra sovranista che avanza. Ma è sufficiente resistere, si chuede il segretario del Pd, “si può andare avanti così?” La risposta è che “sbaglia chi lo vuole picconare” perché così facendo, attaccando di continuo il Pd “si indebolisce la democrazia”.

La risposta della sinistra? Per il segretario dem i limiti sono evidenti. “Un partito monoculturale o del leader” non bastano. Ma non basta nemmeno “un arcipelago di confuse parzialità” che portano a praticare una politica ”lontana dalla vita”. Aprirsi, indica Zingaretti, aprirsi dunque alla società “con forme di rappresentanza più coinvolgenti e libere per i singoli iscritti”. E per questo obiettivo propone per il mese di novembre l’apertura di “un grande confronto politico e culturale su come pensiamo gli anni 20 del nuovo secolo” anche “rimettendo mano in modo radicale allo statuto e alla forma partito”.

Perché il punto, aggiunge, è che “non si tratta di cambiare qualche regola ma di una scelta politica di fondo”, ma di “cambiare davvero tutto per dare alla democrazia italiana un soggetto plurale ricco e partecipato della politica” secondo i principi di “ ricostruire una comunità aperta”. “Rifondare il Pd per me significa in primo luogo questo” conclude Zingaretti.

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di Redazione - 31 Ottobre 2019