Fragalà, ecco i verbali del pentito Lo Iacono che accusa il boss Di Giovanni dell’omicidio
Sarà ascoltato il 14 novembre prossimo nel carcere dell’Ucciardone il nuovo pentito Francesco Paolo Lo Iacono che ha rivelato particolari inediti sull’omicidio Fragalà. L’ex-garzone del bar «Bobuccio» a ridosso del Tribunale di Palermo, ha puntato il dito contro il boss mafioso Gregorio Di Giovanni per l’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà, deputato di Alleanza Nazionale. Fragalà fu colpito selvaggiamente a bastonate, dalla mafia, proprio sotto il suo studio legale, in via Nicolò Turrisi, la sera del 23 febbraio 2010. E morì tre giorni dopo in ospedale per le gravi ferite riportate.
Il Presidente della Corte d’Assise di Palermo, Sergio Gulotta di fronte al quale è in corso il processo per l’omicidio Fragalà, ha deciso di ascoltare Lo Iacono il 14 novembre. Per l’omicidio sono imputate sei persone, Antonino Abbate, Francesco Castronovo e Paolo Cocco, Antonino Siragusa e Salvatore Ingrassia, oltre a Francesco Arcuri, ritenuto il mandante.
Il pentito dell’omicidio Fragalà aveva ricevuto minacce
Le clamorose nuove rivelazioni del pentito hanno determinato il rinvio della requisitoria dei pm Francesca Mazzocco e Bruno Brucoli, prevista per oggi.
Il 4 ottobre scorso, verbalizzato dai carabinieri, Lo Iacono aveva spiegato di aver interrotto la sua collaborazione con la giustizia per paura. «Perché – disse – avendo ricevuto molte minacce negli ultimi colloqui con mia moglie, avevo paura per l’incolumità della mia famiglia».
Inizialmente, infatti, Lo Iacono aveva fatto marcia indietro Ma, poi, ha spiegato, di averci ripensato. Ed ha ricominciato a parlare. «Perché – dice – è una cosa normale collaborare con la giustizia. E per dare anche un’occasione migliore alla mia vita ed a quella della mia famiglia».
Arrestato a luglio per traffici di droga
Arrestato a luglio nell’ambito di un’inchiesta sui traffici di droga della mafia, Lo Iacono rappresenta un vero e proprio asso nella manica della Procura di Palermo che ha indagato sull’omicidio di Enzo Fragalà. Lo Iacono è, infatti, un testimone diretto della pianificazione dell’agguato mortale al parlamentare di An.
Lo Iacono sostiene, dunque, di aver sentito lo stesso boss mafioso Di Giovanni parlare di una lezione da dare a un avvocato, nel corso di una riunione che si stava tenendo in un appartamento. Lo Iacono, che era il commesso del bar «Bobbuccio», che sorge di fronte all’ingresso del mercato del Capo, aveva portato in quell’appartamento alcuni caffè.
Di Giovanni, in quel contesto, avrebbe nominato Fragalà, poi effettivamente aggredito a colpi di bastone la sera del 23 febbraio 2010, sotto il suo studio. Tre giorni dopo il penalista e parlamentare di Alleanza Nazionale morì in ospedale.
Il boss da gli ordini per aggredire Fragalà
L’appartamento in questione è quello di Salvatore Battaglia, cioè il titolare del bar Bobbuccio in cui lavorava lo stesso Lo Iacono come garzone.
«Una sera del 20 febbraio 2010 – scrivono i carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Palermo ai magistrati che li hanno delegati – il titolare della suddetta attività commerciale, Salvatore Battaglia, gli aveva chiesto di portare alcuni caffè presso la sua abitazione ubicata in Palermo, in via San Gregorio 3».
«Raggiunto l’indirizzo, gli aveva aperto la porta Salvatore Battaglia – scrivono i militari nel loro rapporto con il quale comunicano di aver riscontrato le parole del pentito – e, durante la sua permanenza all’interno dell’appartamento, Lo Iacono aveva avuto modo di ascoltare una dichiarazione animata che era in corso all’interno di un’altra stanza in cui riconosceva i tono e il timbro di voce di Gregorio Di Giovanni, da lui conosciuto da tempo perché frequentatore del bar Bobbuccio e amico di Salvatore Battaglia e la disposizione impartita al suo interlocutore di “dare una lezione a questo avvocato“, per poi menzionare anche il cognome di questo professionista, “Fragalà“».
I colloqui in carcere fra i detenuti e le rivelazioni su Fragalà
Lo Iacono aggiungeva anche altri particolari ricordando la sua detenzione nel carcere di Velletri dove era stato trasferito. Lo stesso carcere dov’era detenuto, fra gli altri, Antonino Siragusa, imputato dell’omicidio Fragalà.
Il pentito aveva rivelato di aver «avuto modo di ascoltare due distinte conversazioni, avvenute in giorni diversi, durante le quali Antonino Siragusa rivelava, dapprima a Sebastiano Pagano e, successivamente, anche al detenuto Giancarlo Giugno, alcuni particolari relativi alla vicenda dell’omicidio dell’avvocato Vincenzo Fragalà, evidenziando – aggiungeva Lo Iacono – le responsabilità proprie e dei suoi coimputati, Paolo Cocco e Francesco Castronovo asserendo che gli stessi erano stati presenti e partecipi alla fase esecutiva dell’aggressione».
I carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo accerteranno poi che, effettivamente, sia Lo Iacono, sia Siragusa, sia Pagano e Giugno erano effettivamente detenuti nello stesso carcere, all’interno della sezione Cpt destinata ai collaboratori di giustizia.
Le accuse del pentito Chiarello prima, poi quelle di Lo Iacono
Il nome di Di Giovanni, come mandante dell’omicidio di Enzo Fragalà, era già stato fatto ai magistrati da un altro collaboratore di giustizia, Francesco Chiarello. Ma le dichiarazioni di quest’ultimo, in relazione a Di Giovanni non avevano consentito alla Procura di raccogliere indizi sufficienti per procedere a suo carico.
Enzo Fragalà fu aggredito a bastonate a febbraio del 2010 a pochi metri dal Tribunale di Palermo e morì tre giorni dopo in ospedale per le gravi ferite riportate.
Dopo una prima archiviazione, l’inchiesta è riuscita a individuare gli esecutori materiali del barbaro assassinio e ora è in corso il processo a sei persone, Antonino Abbate, Francesco Castronovo e Paolo Cocco, Antonino Siragusa e Salvatore Ingrassia e Francesco Arcuri.