Di Pietro, lacrime di coccodrillo per Gardini: «Il suo suicidio è un mio dramma »
Il suicidio di Raul Gardini «è il dramma che mi porto dentro…». Al processo d’appello sulla trattativa tra Stato e mafia vanno in scena le lacrime di coccodrillo di Antonio Di Pietro. Lacrime peraltro tardive, visto che parliamodi un fatto accaduto nel 1993. Nel luglio del 1993 “l’avvocato di Raul Gardini, che all’epoca era latitante, mi assicurò che il suo cliente si sarebbe consegnato. Io volevo sapere che fine avessero fatto i soldi della maxi tangente Enimont. Ma la notte prima dell’interrogatorio l’imprenditore Gardini tornò nella sua abitazione, che tenevamo sotto controllo. La polizia giudiziaria mi chiese se doveva scattare l’arresto. E io dissi di aspettare», racconta Di Pietro. Ma la mattina dopo l’imprenditore si uccise con un colpo di pistola. «È il dramma che mi porto dentro…», dice contrito Di Pietro nel corso della sua deposizione. Subito dopo però torna il Di Peitro di sempre: “Ma questo che c’azzecca con la trattativa?…”. Sono passati 26 anni. A Di Pietro è evidentemente passato il sacro fuoco giacobino di un tempo. Ma ormai siamo fuori tempo massimo. La disumanità travestita da gistizialismo pervade ancora una fetta consistente della sinistra italiana.
Di Pietro trova però anche il modo di tirare in ballo Cirino Pomicino. Fu lui -afferma l’ex magistrato di Mani Pulite- a girare a Salvo Lima la tangente Enimont che gli avrebbe. Nale la ena rcordare che Lima era ritenuto contiguo alle cosche e fu ucciso dalla mafia nel 1992 perché, secondo l’interpretazione prevalente, non sarebbe più stato funzionale agli interessi di Cosa Nostra. Tornano, con Di Pietro, i fantasni del passato,
Di pietro, anche detto Di Merda, va ammazzato per istigazione al suicidio e per distruzione delle aziende italiane. L’infame!