“Senza dichiarazione antifascista niente spazi pubblici”. Il Tar dà ragione al Comune di Trapani
Il Tar di Palermo ha respinto il ricorso presentato dagli esponenti di FdI, Michele Rallo e Giuseppe Bica, perché venisse annullata la delibera del consiglio comunale di Trapani che impone ai richiedenti di suolo pubblico una sorta di certificato “antifascista”, sulla scia del “certificato antimafia”. Il Comune di Trapani aveva negato l’occupazione temporanea di suolo pubblico per allestire una raccolta di firme a sostegno dell’articolo 21 della Costituzione. Un diniego motivato dal fatto che non era stata resa la “dichiarazione antifascista” richiesta dal Comune.
I due esponenti di Fratelli d’Italia avevano quindi fatto ricorso al Tar affidandosi all’avvocato Augusto Sinagra, docente universitario molto noto. Il Tar ha dato ragione al consiglio comunale di Trapani affermando che il ricorso «non appare assistito da adeguato fumus boni juris , perchè la richiesta del comune a chi chiede l’utilizzo di suolo pubblico “ non appare illegittima, risolvendosi nella dichiarazione di fedeltà ai valori costituzionali».
La replica di Rallo e Bica non si è fatta attendere. «Al riguardo, non si puó non rilevare, con sorpresa – si legge nel comunicato – che il Tar si é limitato ad osservare che la dichiarazione richiesta dal Comune di Trapani «non appare illegittima risolvendosi la stessa nella dichiarazione di fedeltá dei richiedenti ai valori costituzionali e comunque nel rifiuto della violenza o delle minacce per fini politici».
«Nessuna articolo della Costituzione o alcun altro concreto riferimento è stato citato a supporto dell’ordinanza, né alcuna specifica argomentazione é stata opposta alle numerose, precise, articolate obiezioni dei richiedenti: né in relazione alla violazione dei loro diritti costituzionalmente riconosciuti e garantiti, né in merito alla lamentata illegittimitá delle disposizioni del regolamento in questione dal punto di vista strettamente giuridico-amministrativo.
Il TAR, peraltro, non sembra aver colto la fondamentale distinzione tra limitazione della manifestazione del pensiero (che caratterizzava il regime fascista) ed il ben piú grave divieto di avere un pensiero (che secondo i desiderata di alcuni dovrebbe caratterizzare il regime democratico).
«Che poi, se si volesse passare dalle astratte enunciazioni alla concretezza dei fatti, non si potrebbe non rilevare che strana assai sarebbe una Costituzione che si pretende essere antifascista, nel momento in cui essa accoglie una lunga serie di princípi che appartengono inequivocabilmente anche alla ereditá del periodo fascista. Ci riferiamo ai princípi della equitá sociale, della massima occupazione, della tutela del risparmio, della funzione sociale della proprietá privata e dell’impresa, della partecipazione degli operai alla gestione e alla ripartizione degli utili delle imprese, e di numerosi altri ancora: tutti princípi tipici della prassi e della legislazione fasciste, e che sono stati accolti in pieno dalla Costituzione post-fascista (e non anti-fascista)».
“Ci chiederanno il giuramento antifascista per tutto?”
«Il Tar si é limitato ad una generica presa di posizione, senza puntuali riferimenti di carattere legislativo, sposando la tesi di una parte politica.
Peraltro, verrebbe da pensare che, avendo l’illustrissimo Tribunale Amministrativo Regionale accolto la singolare teoria che una dichiarazione di fede politica (oggi anti-fascista, domani anti-comunista, dopodomani anti-qualcosaltra cosa) possa essere richiesta per usufruire di uno spazio pubblico, lo stesso abbia messo in conto che una analoga dichiarazione di fede possa essere considerata essenziale – in un domani non sappiamo fino a quanto remoto – per la concessione di appalti pubblici, per la partecipazione a pubblici concorsi, o per qualsivoglia altra attivitá amministrativa. Potrebbe, per esempio, un giuramento di fede antifascista (o altrimenti “anti”) essere richiesto per diventare docente universitario o – chissá? – anche per diventare giudice di un Tribunale Amministrativo Regionale». Rallo e Bica hanno quindi dato mandato all’avvocato Sinagra di presentare appello al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana.