Scoop letterari: quando Ungaretti definì Quasimodo un «imbroglione»

5 Set 2019 14:32 - di Massimo Pedroni

E’ difficile negarlo, l’archivio storico dei filmati Rai, per essere più precisi le Teche Rai, costituiscono il giacimento inesauribile della memoria storica nazionale degli ultimi settant’anni (arrotondando per eccesso). Da questa miniera è recentemente affiorato un filmato mai trasmesso. Documento dal valore estremamente rilevante. In esso si vedono insieme, e per l’unica volta, giganti della poesia italiana del “900 quali Giuseppe Ungaretti , Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo. Il filmato in bianco e nero è con molta probabilità del febbraio 1968. Realizzato in occasione degli ottant’anni di Ungaretti. Aldo Moro allora Presidente del Consiglio aveva invitato i poeti a Palazzo Chigi, per festeggiare il compleanno dell’autore di “Porto sepolto”. Salvatore Quasimodo, per l’occasione ebbe parole di elogio, stima e amicizia per Ungaretti. Cosa che dato il contesto, può sembrare a prima vista assolutamente normale. In realtà è un vero scoop. Tenendo presente i rapporti al vetriolo che ci erano stati tra i due.

Successi e veleni

Come tutta la società letteraria dell’epoca ben sapeva. Inimicizia che affondava le sue radici ben prima che all’autore siciliano fosse assegnato il Nobel per la Letteratura. Quasimodo classe 1901 era nato a Modica provincia di Ragusa dal capostazione Gaetano Quasimodo e Clotilde Ragusa. A seguito del terrificante terremoto e maremoto, dai quali fu investita la città di Messina, la famiglia Quasimodo si trasferì nella città siciliana in quanto il padre Gaetano era stato incaricato di riorganizzare il traffico ferroviario del luogo. I Quasimodo alloggiarono quindi nel vagone di un treno fermo su un binario morto. In una situazione quindi di estrema precarietà. Esperienza questa che rimarrà indelebile nella coscienza del poeta. La rievocherà ad esempio nella poesia “Al padre”. Inserita nella raccolta “La terra impareggiabile”. Fece studi tecnici, che aveva intenzione di coronare, trasferendosi a Roma, con il conseguimento della Laurea in Ingegneria. Intento che non fu conseguito a causa di stringenti necessità economiche. Situazione che nel 1926 fu superata con l’assunzione del futuro Premio Nobel al Ministero dei Lavori Pubblici come Geometra. Fu assegnato come primo incarico al Genio civile di Reggio Calabria. Fino a quel momento aveva pubblicato poco. Senza esiti particolari. Aveva cominciato a studiare Greco e Latino, lingue delle quali ben presto diventò un apprezzato traduttore.

Di fatto considerata l’insieme della sua situazione, possiamo dire che fino alla fine degli anni venti del secolo scorso Quasimodo era ai margini della società letteraria. La sorella Rosa, nel 1927 contrasse matrimonio con Elio Vittorini. Personalità della letteratura italiana che lo introdusse negli ambienti più qualificati. Ad esempio fu presentato a Eugenio Montale e all’universo culturale di scrittori che ruotava attorno alla rivista “Solaria”. Superata con l’assunzione al Ministero la precarietà economica, e avendo ora la possibilità d’inserimento in ambienti a lui confacenti, ebbe modo di dedicare maggior tempo alla scrittura. Con la pubblicazione nel 1932 della raccolta “Oboe sommerso”, manifesta in questa raccolta, l’adesione di fatto alla corrente poetica dell’ermetismo. Ed è proprio in quest’occasione che cominciarono i primi screzi. Ungaretti, si risentì molto del titolo dato da Quasimodo a quella raccolta, poiché in esso avvertiva troppe assonanze con il suo “Porto sepolto”. L’inizio della Guerra, lo vide collaboratore della rivista Primato del Ministro per l’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai. Una sua richiesta di sostegno economico fatta al Duce sarà rintracciata negli Archivi. Pur dichiarandosi antifascista non partecipò alla Resistenza. In alcun modo. Nel 1945, per così dire a ”cose fatte” si iscrive al Partito Comunista Italiano. Nei suoi scritti assume un aspetto centrale l’impegno civile e politico come in “Giorno dopo giorno” del 1947, nel quale vivissimo è l’acre sapore degli eventi bellici. L’anno 1959 è quello nel quale gli viene assegnato il Premio Nobel. Suo costante e fedele sostenitore fu Carlo Bo. Posizione, la sua, estremamente minoritaria nel mondo degli addetti ai lavori.

La figura di Quasimodo, certamente non era molto gradita. Svariate erano le motivazioni che avevano fatto maturare avversione nei suoi confronti. Ne citiamo alcune. Innanzitutto risultava antipatico che un semplice geometra, digiuno di studi adeguati, grazie a rapporti familiari (Elio Vittorini era il cognato), avesse potuto accedere ai “salotti buoni”grazie a questa facilitazione. In più si accusava di aver cambiato molte correnti poetiche. A tanti quando gli fu assegnato addirittura il Nobel sembrò troppo. Proprio troppo. Considerando anche che venivano considerati a lui superiore Ungaretti e Montale. Testimone di questo sentire, è dato ad esempio dall’incipit dell’articolo del “Corriere della sera” a commento di quell’assegnazione. “A caval donato non si guarda in bocca” a firma di Emilio Cecchi. Giuseppe Ungaretti commentò causticamente “imbroglione sostenuto dall’Istituto di Cultura Italiana di Stoccolma da l’ineffabile cretino di Carlo Bo e da altri cretini internazionali”.

Più sobriamente Montale intervenne dicendo “c’è modo e quasi modo di fare poesia”. La critica generalmente fu particolarmente perplessa sulla produzione poetica dell’autore di “Oboe sommerso”. La forte difesa sul suo lavoro, fu dispiegata unanimemente sulla sua attività di traduttore. Nell’intervista del 1963 inserita nel libro “Gli antipatici”, la poco più che trentenne Oriana Fallaci, fa dell’uomo Quasimodo un ritratto quanto meno corrosivo “occhi tristi e compiaciuti … la cui voce suonava come uno schiaffo mentre sputava cattiverie e indulgenze malignità e verità. Si addolciva soltanto pronunciando una parola che ai suoi orecchi è musica d’arpa e alla sua scontentezza porta il lenimento di un bacio: Nobel, Nobel, Nobel.” Parafrasando un suo celebre verso “Ed è subito sera” l’articolo della Oriana Fallaci uscì con il titolo “Ed è subito Nobel”. Eugenio Montale fu in qualche modo “risarcito” con l’assegnazione dell’ambito Premio nel 1975. Ungaretti ne rimase escluso. Per dei suoi estimatori, quali noi siamo, ci restano vivi d’emozioni e epifanie i suoi versi. Il resto è l’urticante realtà delle cose.

(La foto tratta da wikipedia molstra i poeti italiani Salvatore Quasimodo, Ungaretti e Eugenio Montale in una foto di gruppo con l’editore italiano Alberto Mondadori, gli artisti Renato Guttuso e Francesco Messina e il giornalista e scrittore Arturo Tofanelli).

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