Salvini e la crisi: tutti i retroscena che spiegano cosa è veramente successo
I fatti
Dopo mesi di conflittualità, su divergenze non negoziabili, fra Lega e 5 Stelle, Matteo Salvini, l’8 agosto ha aperto la crisi di governo sulla base di uno scontro, anche personale, con alcuni ministri grillini; soprattutto con il Ministro delle Infrastrutture Toninelli sulla Tav, il Passante Autostradale di Genova e più in generale sulle grandi opere, con il Ministro della Difesa, Trenta, sulla gestione delle navi Ong con i migranti e con il ministro dell’Ambiente Costa.
Salvini ritiene che sia giunto il momento di fare chiarezza e, sulla base dei risultati delle elezioni europee che hanno visto invertire il rapporto di forza tra Lega e 5 Stelle da 17% a 33% ora 34% a 17%, maturi i tempi per andare alle elezioni anticipate, anche considerando una presunta neutralità del Presidente della Repubblica Matarella in un momento di passaggio istituzionale così insidioso.
I retroscena
(raccolti personalmente dal sottoscritto dalle indiscrezioni di alcuni ex colleghi parlamentari del Pd e della Lega e di alcuni Consiglieri del Quirinale)
Dai risultati delle elezioni europee tutti comprendono che gli equilibri di governo sono cambiati, e il primo a intuire che occorreva correggerli è stato il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che comunica a Salvini che un rimpasto è possibile e che è disponibile per nominare nuovi ministri nei settori più critici nel confronto con la Lega: le Infrastrutture, la Difesa, l’Ambiente ed altre posizioni di vertice. Salvini non accetta e dichiara ufficialmente che non è un problema di poltrone, «a lui non interessano le poltrone».
Conte, che non è certamente un leader di popolo, ma al contrario un fine frequentatore dei Palazzi del potere, capisce immediatamente che l’obiettivo di Salvini è proprio la sua testa e comincia una serie di contromisure contrattando con i leader del Pd e i vari vertici della Repubblica. Utilizza al meglio i rapporti costruiti in questi mesi con i leader degli altri Paesi europei, arrivando addirittura negli Stati Uniti ai collaboratori di Trump.
Salvini si sente sicuro perché anche Zingaretti vuole azzerare i gruppi parlamentari del Pd in maggioranza renziani, sostituendoli con suoi uomini. Ma non ha fatto i conti con gli alleati che hanno portato Zingaretti stesso alla segreteria e cioè Franceschini, Orlando, Del Rio, ecc., che non sono assolutamente d’accordo nell’andare ad elezioni anticipate, consegnandogli tutto il potere con una prospettiva poi di opposizione in Parlamento; realizzano immediatamente un controribaltone e fanno quadrato con Renzi che addirittura è terrorizzato dalla prospettiva di elezioni.
Se Zingaretti andasse alla conta in Direzione non solo andrebbe in minoranza ma perderebbe anche la Segreteria. Tenta di alzare l’asticella sul programma e sui Ministeri ma i suoi “soci” lo sterilizzano su tutto. Anche Di Maio non è soddisfatto di un nuovo governo che lo vede non più protagonista bensì subalterno, ma anche lui va in sofferenza pressato dai gruppi parlamentari dei 5 Stelle che, se si va ad elezioni anticipate, sarebbero dimezzati e la maggior parte dei parlamentari, tra la regola del secondo mandato, le fisiologiche sostituzioni e le sconfitte nei collegi tornerebbero a casa, magari senza lavoro e con il reddito di cittadinanza.
Come Renzi in passato si costruì, per eccesso di sicurezza, un suicidio perfetto con il referendum, anche in questo caso Salvini si è costruito da solo una trappola perfetta, nel caso magari anche con suggerimenti di qualche cattivo o sprovveduto consigliere, non solo leghista, ma anche nella cerchia stretta delle relazioni familiari.
Molto diversa l’interpretazione degli ambienti del Quirinale. In realtà Salvini ha fatto una crisi tutta interna ai problemi della Lega. L’abolizione della parola Nord dal logo e l’estensione del movimento a tutta la penisola, ha determinato contraccolpi importanti nella Lega del nord, soprattutto in Lombardia e Veneto. Per tacitare la fronda interna ormai percepibile, occorreva portare in dote nella prossima finanziaria un provvedimento forte sull’autonomia fiscale delle regioni del nord. Misura non sostenuta dai 5 Stelle e da quasi tutte le forze presenti in Parlamento che sull’unità nazionale e sull’Italia a due velocità non intendono fare concessioni significative. A questo punto piuttosto che essere sconfitto sul campo o caricarsi una finanziaria di misure impopolari, meglio anticipare la crisi e la rottura.
Il risultato
Catastrofico. Lega isolata, fuori dal Governo e senza la strategica posizione del Ministero dell’Interno. Se non fosse stato per la mano tesa di Fratelli d’Italia, che ha immediatamente cancellato qualche maltrattamento subito, compreso l’ultima dichiarazione di autosufficienza (sprovveduta) in cui Salvini aveva dichiarato che alle eventuali elezioni anticipate forse la Lega sarebbe andata da sola, sarebbe stato naufragio totale, con Forza Italia già a prendere le distanze sui contenuti del centrodestra. Inoltre la nomina del Commissario europeo per l’Italia, che sarebbe stata dietro l’angolo, in quota Lega, è andata all’ex Presidente del Consiglio il PD Gentiloni. Passa così la Restaurazione, una sorta di post-congresso di Vienna del 1815, in cui tutti i defenestrati vengono rimessi al posto loro. Il trionfo politico del PD che, plurisconfitto alle elezioni politiche, regionali ed europee, oggi ha tutti i vertici, dalla Presidenza della Repubblica con Mattarella al Commissario italiano in Europa, dalla Presidenza del Parlamento Europeo con Sassoli, Al Commissario Italiano in Europa Gentiloni, alla affiliazione del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte al Pd, dal Ministro dell’Economia e Finanze Gualtieri al Ministro degli Interni Lamorgese, da quello alle Infrastrutture De Micheli a quello della Difesa Guerini, da quello degli Affari Europei Amendola a quello del Turismo e Cultura Franceschini, da quello del’Agricoltura Bellanova a quello degli affari Regionali Boccia, fino a quello per la Famiglia Bonetti. E ben 4 Viceministri, 18 Sottosegretariin tutti i settori strategici più 3 vertici a Leu.Peggio di così non poteva andare, con il Movimento 5 Stelle ridotto a stampella della nuova maggioranza. E l’Italia rientra a pieno titolo nell’establishment dei poteri forti europei con un Governo tutto a sinistra. Chapeau! O meglio, Karakiri. Neanche studiando a tavolino ci si poteva ridurre peggio.
Il futuro
Ma tutto lo scenario non è poi così tranquillo, non tanto per le manifestazioni di piazza che, come noto, su tempi brevi, non producono risultati. Neanche tanto per il dissenso interno a Lega e Pd, dichiarato ad alta voce da Paragone, Richetti e Calenda, nonché qualche assenza ingiustificata, silenziosa, nel voto di fiducia ed al malumore che serpeggia in tanta parte della base dei 5 Stelle, i cui dati di consenso al governo Pd-5Stelle, sulla piattaforma Rousseau, a mio parere, sono stati ampiamente manipolati. Ma perchè le maggioranze non vanno mai in crisi per merito dell’opposizione, bensì sempre per rotture interne e qui, riemerge, prepotente, il fattore Renzi, il vero vincitore dell’operazione politica, ma il vero sconfitto dell’operazione di potere. Remunerato con un solo ministro, la Bellanova all’Agricoltura, e più defilato Guerini alla Difesa, che, tra l’altro, è un ministero che in genere si autogestisce attraverso i vertici delle Forze Armate. Ben poca roba per le sue ambizioni. Inoltre in sofferenza sono tutti i big del Pd, cominciando da Orlando, Del Rio, la Boschi, Martina e tanti altri, esclusi da un governo cosiddetto di “seconde file”. Renzi decide la scissione costituendo piccoli gruppi parlamentari ma che hanno in mano i numeri per la sopravvivenza del governo e conserva all’interno dei Gruppi parlamentari Pd sia della Camera che del Senato, numerosi “amici” collegati, pronti a lasciare in caso di successo dell’operazione scissione. Farà approvare la Finanziaria, ma a gennaio chiederà banco: rimpasto con almeno tre ministri o, in risarcimento, i vertici dei grandi enti di Stato che devono essere rinnovati, cioè Eni, che nel Mondo conta più del nostro Ministero degli Esteri, Poste Italiane, Leonardo, Fincantieri, Sace, ecc.. Nel frattempo pretenderà in ogni Ministero la nomina di Capi-Gabinetto, Direttori Generali e capi degli Uffici Legislativi a lui graditi. Altrimenti elezioni anticipate. In fondo a lui interessano più gli affari che le grandi politiche che dichiara. Comunque nei primi mesi dell’anno prossimo il governo ballerà forte perché verranno al pettine le divergenze con i 5 Stelle a meno che, quest’ultimi, non ritengano di finire come il movimento di Alfano, cioè una stampella politica da portare in liquidazione.
Il caso Salvini
Credo che ognuno di noi si sia chiesto più volte come il Segretario della Lega abbia potuto fare uno scivolone del genere. È emerso con chiarezza che Salvini ha grandissime capacità di acquisire consensi. Ascoltando i suoi discorsi c’è modestia di contenuti ma grandissima capacità di comunicazione, in termini molto semplici ma ben comprensibili da tutti, tali da coinvolgere e conquistare emotivamente. Quando passiamo alla gestione del consenso e alla capacità del governo e della complessità, contrapposta alla semplicità, non riesce a dominare lo scenario, che è fatto appunto di dinamiche estremamente complicate. Facebook, Instagram, Twitter, sono esternazioni brevi ed incisive, di percezione immediata; navigare in un sistema come quello italiano con leggi, regole, norme, prassi consolidate e contrappesi, è difficilissimo. Il Pd è esperto e rappresenta la “summa” della vecchia Dc e della vecchia sinistra; in Italia c’è la Chiesa con questo Papa, Bergoglio, che è estremamente schierato a sinistra al contrario di ciò che sostiene, c’è l’egemonia della società civile “gramsciana” sulla società politica, c’è il sistema giudiziario e burocratico più politicizzato del mondo. Vincere le elezioni, l’ha sperimentato ai suoi danni Berlusconi, non significa assolutamente poter governare.
Per governare bisogna allineare tutti i contenitori della Cosa Pubblica e sterilizzare tutti i gangli del boicottaggio, operazione che la Lega e Salvini non sono assolutamente in grado di fare, nè come qualità della classe dirigente, nè come ramificazione nelle articolazioni della società. Cioè Salvini ha fatto lo stesso errore di iperstima e autosopravalutazione di Renzi, probabilmente la foto sulla scrivania dell’ex leader PD come memento, evidentemente non gli è bastata. Salvini, da solo, senza neppure gli alleati a sua salvaguardia, voleva sconfiggere il mondo dei poteri forti europei, anche quelli economici e finanziari, “a mani nude”, senza neppure alleati. Veramente troppo temerario.
Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni
Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia è stata l’avanguardia del centrodestra, ha anticipato nelle dichiarazioni e nelle manifestazioni, non ultima quella davanti a Montecitorio, tutti i passaggi della crisi. L’impressione condivisa da tutti, malgrado i tentativi di minimizzazione dei mass media, è stata quella di una leader e di un movimento politico che hanno passato l’asticella non solo nei sondaggi, ma nel quadro politico generale stanno giocando un ruolo di primi attori. Alla manifestazione di Roma Salvini, molto abile nel conquistarsi la scena delle televisioni, è apparso chiaramente comprimario al traino, finalmente in un’alleanza alla pari, al netto della diversa forza percentuale elettorale tra Lega e FdI. Un salto di qualità fondamentale per la destra che ha riconquistato la piazza, la capacità di mobilitazione, la leadership, le parole d’ordine, ma soprattutto i temi e i contenuti. Ancora tutti da declinare, ma ormai delineati con chiarezza. Non solo i sondaggi di FdI sono indicativi, ma soprattutto è la ritrovata unità della comunità di destra sotto le stesse bandiere e la capacità di attrazione di classe dirigente, di rappresentanti nelle istituzioni, provenienti anche da altre esperienze politiche ed elettorali, di adesioni di gente comune, anche molto qualificata, che ritrova entusiasmo, passione ed impegno. Fratelli d’Italia può diventare a breve il contenitore dei delusi di altre esperienze politiche, da Forza Italia ai 5 Stelle, nonché della galassia dei movimenti civici o spontanei di centrodestra, che sono alla ricerca di un movimento politico affidabile e coerente di riferimento. Lo verificheremo alla Festa Nazionale di Fratelli d’Italia di Atreju.