Salvini ad Atreju: «Grandi giornali e grande finanza ci volevano fuori dalle palle»

20 Set 2019 17:37 - di Valeria Gelsi

In prima fila i più scatenati sono i parlamentari. Al centro dell’area “Stella Polare” di Atreju 2019, la festa nazionale di Fratelli d’Italia, cantano e battono le mani sulle note di Rino Gaetano. È un clima di festa, non solo nel senso di kermesse politica, quello che si respira in attesa dell’intervista del direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, a Matteo Salvini su “L’Italia che sarà”. Quando Giorgia Meloni arriva sul palco per presentare gli ospiti è un’ovazione. E ovazione sarà poi anche per «il mio amico Matteo», come lo presenta la leader di FdI. Gli amici Giorgia e Matteo si ritrovano sul palco, lei – padrona di casa – lo introduce alla platea, poi passa la parola al capogruppo di FdI al Senato, Luca Ciriani, che confessa come la speranza dell’estate fosse quella di salutare la coincidenza tra l’inizio di Atreju e l’inizio della campagna elettorale. «Poi però ha vinto il partito del potere e delle poltrone e quelli che avevano sempre perso tutte le elezioni da anni a questa parte sono andati al governo. Abbiamo assistito – aggiunge Ciriani – alla pagina peggiore di trasformismo della storia repubblicana».

La frecciata al Colle

E non può che partire da qui l’intervista a Salvini, incoraggiato dal pubblico con un «vai Salvini». E Salvini va, con un repertorio di battute al vetriolo e rivendicazioni che non lascia spazio a remissività. «Si è sentito un po’ ingenuo?», gli chiede Fontana. «Lascio sette ministeri e mi tengo il mio onore e la mia dignità. Lascio a voi fini analisti – aggiunge all’indirizzo dell’intervistatore – le analisi su ciò che è stato e sarà». «Mi tengo l’esperienza di questi mesi, i risultati portati a casa e il tentativo di fare una cosa che in Italia per qualcuno è inammissibile: semplicemente far votare gli italiani. Qualcuno per vigliaccheria – prosegue il leader della Lega – ha fatto una scelta diversa, ma possono scappare dal voto qualche mese, non possono scappare dal giudizio degli italiani per sempre». Poi una frecciata al Colle: «Sapevo che avrei corso qualche rischio, ma credevo nella democrazia e credo anche che chi ha condotto queste operazioni avrebbe fatto meglio a sciogliere le Camere e a far votare gli italiani. Lo dico con tutto il rispetto che si deve nei confronti delle massime autorità istituzionali».

«Dopo il voto all’Ue mi sono detto: “Si sono venduti”»

«L’alleanza era già pronta?», chiede Fontana. La prima risposa la dà la platea. «Sìììììì», urla il pubblico, mentre Salvini racconta che è dalla terza elementare, da quando un suo compagno di scuola gli svelò che Babbo Natale non esiste, che non crede più alle coincidenze. «È chiaro anche ai pali della luce, lo abbiamo visto con il voto a Bruxelles quando i Cinquestelle sono stati fondamentali per far partire la nuova commissione Ue, studiata a tavolino tra Parigi e Berlino. Mi sono detto: “Questi si sono venduti”». E a coprirgli le spalle c’erano «i grandi giornali e i grandi finanzieri», che «volevano la Lega via dalle palle e che il Pd tornasse al governo». «Un voltagabbana come Conte non l’ho mai conosciuto», aggiunge Salvini, dicendo che persone come Donatella Conzatti, passata da Forza Italia a Renzi, «mi fanno schifo». Ma in Italia, «chi tradisce non viene mai premiato» e alle regionali «alla faccia degli inciuci di palazzo, voterà la metà degli italiani» e l’alleanza nel centrodestra «c’è». Salvini, dunque, aspetta il voto, che – scommette – arriverà prima del previsto anche per le politiche.

Appuntamento a piazza San Giovanni

«Se avessi un euro scommetterei che non arrivano alla fine», risponde a Fontana che gli chiede se, a suo avviso, questa nuova maggioranza giallo-rossa arriverà a eleggere il presidente della Repubblica. «Il potere e le poltrone sono un collante fortissimo, ma questi non vanno d’accordo su nulla», aggiunge Salvini, usando parole simili a quelle di Meloni, che da giorni va ripetendo che «la qualità della colla» usata dal nuovo esecutivo è straordinaria, ma non basterà a tenerli attaccati al Palazzo. «Questi non sono capaci, litigano su tutto, molti peccano di vanagloria. Mi auguro che il popolo italiano, pacificamente, ma in modo evidente si faccia sentire e vedere. Ora per la sinistra andare in piazza a manifestare pacificamente è reato, forse perché se ci vano loro raccolgono solo pomodori». Quindi l’appello, che, davanti al popolo di Atreju, è anche una promessa a continuare a camminare fianco a fianco per dare all’Italia un governo vero, un governo da “Sfida alle stelle” come richiamato nel titolo della kermesse: «Invito tutti i romani a essere in piazza San Giovanni. Con me e con Giorgia».

 

 

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  • PAOLO GRAFFIGNA 21 Settembre 2019

    CONTRO IL SISTEMA LA GIOVENTU’ SI SCAGLIA, BOIA CHI MOLLA E’ IL GRIDO DI BATTAGLIA!