Renzi non c’è, ma i ministri renziani sì. A cominciare da Guerini, chiamato anche il “Forlani del Pd”
Matteo Renzi al governo non c’è ma i renziani ci sono, e hanno ottenuto poltrone di tutto rispetto.
Prendiamo Elena Bonetti: Renzi la scelse per far parte della sua segreteria. Bonetti è professore associato di analisi matematica all’università di Milano dal 2016. Al governo entra come ministra della Famiglia con le deleghe alle Pari opportunità. Sposata, madre di due figli, 44 anni, nata a Asola ma residente a Mantova, ha un Phd in Matematica e collabora con il Cnr e con diverse università. I suoi studi, tra l’altro, si sono concentrati sui modelli analitici per le scienze applicate.
Già componente dell’ultima segreteria del Pd di Matteo Renzi, la Bonetti è attivista dei comitati ‘Azione civile – ritorno al futuro’ ed è stata la responsabile di ‘Meritare l’Italia’, la scuola di formazione politica dedicata agli under 30 organizzata da Renzi lo scorso agosto al ‘Ciocco’. La Bonetti ha un passato da scout, da dirigente della Agesci, l’associazione delle guide e degli scout cattolici.
Poi c’è Enzo Amendola, ministro degli Affari europei. Amendola è entrato nel 2006 nella segreteria nazionale dei Democratici di Sinistra, per poi trasferirsi a Napoli a novembre dello stesso anno dove ha guidato la segreteria regionale dei DS campani. Nel 2009 ha vinto le primarie ed è diventato segretario regionale Dem della Campania, incarico che ha retto fino al 2014. E sempre nel 2009 è stato in segreteria nazionale PD come coordinatore della Conferenza dei segretari regionali. Il nuovo ministro per Affari Europei, vicino a Zingaretti, è stato anche in segreteria con Matteo Renzi, e sempre come responsabile Esteri.
E passiamo a Lorenzo Guerini, nato a Lodi il 21 novembre del ’66. Attualmente è deputato del Pd e presidente del Copasir, ruolo che lascia per entrare al governo Conte bis come ministro della Difesa. E’ entrato in Parlamento nella XVII legislatura per il Partito democratico ed è stato confermato nella attuale legislatura. Guerini ha una storia da amministratore locale: è stato presidente della Provincia di Lodi dal 1995 al 2004 e poi sindaco di Lodi dal 2005 al 2012. La sua formazione è tutta di stampo democristiano: per la Dc è stato eletto consigliere comunale a Lodi nei primi anni ’90 ed è stato anche coordinatore locale del Ppi, per poi passare alla Margherita. Nel Pd, è stato portavoce del partito e poi vice segretario negli anni della leadership di Matteo Renzi, che lo ha sempre chiamato scherzosamente Arnaldo, come Forlani. In seguito, con la segreteria di Maurizio Martina, è stato coordinatore della segreteria. Di professione, Guerini fa l’assicuratore.
Da ultimo Teresa Bellanova, neo-ministra delle Politiche agricole. Per lei non è però la prima volta tra i banchi del governo. Il 28 febbraio 2014 è stata nominata sottosegretaria al Lavoro nel Governo Renzi, successivamente ‘promossa’ il 29 gennaio 2016 a viceministra allo Sviluppo economico, incarico mantenuto con il governo Gentiloni. Pugliese doc (è nata a Ceglie Messapica), è stata in prima fila nella vertenza Ilva, in cui ha lavorato fianco a fianco con l’allora ministro Carlo Calenda. Nel 1988 viene nominata Segretaria Generale provinciale della Flai (Federazione Lavoratori AgroIndustria) della Cgil, sempre nella provincia di Lecce. Nel 1996 diventa segretaria generale della Filtea, la federazione del tessile e dell’abbigliamento della confederazione di Corso d’Italia.
Dai banchi dell’opposizione, Bellanova non ha certo risparmiato strali polemici al governo giallo-verde ( e al vicepremier e ministro Luigi Di Maio accusato, con quanto disposto dal decreto Crescita sull’immunità penale a Arcelor Mittal di mettere a rischio l’ambientalizzazione di Taranto e il programma completo delle bonifiche). Ma le critiche aspre non hanno risparmiato molti altri aspetti della politica economica del governo giallo-verde, compreso il modo di affrontare le emergenze agricole.
Altro obiettivo polemico di Bellanova contro “Di Maio e compagni” il modo di affrontare la questione trivelle, mentre sul Sud veniva criticata in particolare l’assenza di strategia. Critiche anche sulla nomina a direttore generale di Anpal di Luigi Falco in cui a suo giudizio non sarebbe emersa alcuna competenza specifica “se non quella di collaboratore di Luigi Di Maio”.