«Mamma, mi fa male!»: dai pediatri una campagna per dire basta all’alcol in gravidanza

9 Set 2019 17:48 - di Redazione

«Mamma! Mi fa male. Punto e basta». È il titolo del manifesto informativo presentato dalla Confederazione italiana pediatri (Cipe) del Lazio per sensibilizzare sui rischi dell’assunzione di alcol in gravidanza. In Italia 25mila bambini sono colpiti da sindrome Feto-alcolica, detta Fas, (Fetal alcohol syndrome): si tratta della più grave delle patologie del feto indotte dal consumo di alcol in gravidanza. «Una sindrome incurabile, ma prevenibile al cento per cento», avvertono i pediatri, parlando di «una anomalia e, al tempo stesso, una grandissima fortuna per la medicina». «Per questo – proseguono – la campagna “No alcol in gravidanza” è quanto mai importante e determinante: con la sensibilizzazione e la prevenzione si può raggiungere l’azzeramento della patologia».

Il 50% delle italiane assume alcol in gravidanza

L’invito alle future mamme è quello di non assumere alcolici in dolce attesa, perché, viene spiegato, «non esiste una quantità tossica definita». Il problema è che il feto non metabolizza l’alcol, quindi l’esposizione prenatale a questa sostanza può provocare patologie congenite molto gravi e disfunzioni, che si possono manifestare nell’arco di tutta la vita. Una realtà sulla quale le donne sono ancora troppo poco informate, come dimostrano anche i dati dell’Osservatorio nazionale alcologico dell’Istituto superiore della Sanità: in Italia circa il 50% delle donne in gravidanza assume alcol.

L’importanza dell’informazione

La Fas si può manifestare con disfunzioni di tipo morfologico, ad esempio sul volto, in forme più o meno evidenti, ma anche con deficit di attenzione e di apprendimento, iperattività, problemi comportamentali fino a malattie mentali con gravi conseguenze a lungo termine. In tutto il mondo si registrano 119mila nuovi casi ogni anno (secondo The Lancet Global Healt). L’incidenza è più alta in Europa e in Sudafrica. Si stima che, nel mondo, siano 60 milioni le persone che soffrono delle conseguenze dell’esposizione all’alcol mentre erano nel grembo materno. «Gli allarmanti dati epidemiologici che abbiamo a disposizione ci obbligano a un’azione tempestiva e capillare di informazione delle famiglie nonché di formazione rivolta a tutti i medici (tra cui pediatri, ginecologi, medici generici, neuropsichiatri), che hanno un ruolo fondamentale nella prevenzione e nella diagnosi precoce, oltre che per la cura», aggiungono i pediatri, spiegando che «il nostro obiettivo è quello di non far nascere più un solo bimbo affetto da sindrome Feto-alcolica ma, purtroppo, ci troviamo al cospetto di una patologia poco pubblicizzata».

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