Di Maio alla Farnesina con i ministri 5Stelle: il capo resto io, non Conte

8 Set 2019 10:53 - di Valerio Falerni
Di Maio

È Luigi Di Maio, ma sogna di diventare Matteo Salvini. Passa anche per questa aspirazione, covata chissà da quanto tempo, il destino del governo appena nato. È cosi. Lo dimostra plasticamente la foto che ha immortalato tutti i ministri Cinquestelle riuniti alla Farnesina, sede del ministero degli Esteri e quindi ufficio di governo di Di Maio. Il classico segnale ad uso interno, un avviso al navigante Conte per ricordargli che se lui ha il grado di ammiraglio, il vero capo ciurma resta lui, Giggino. Che non vede l’ora di replicare a parti invertite nella maggioranza giallo-rossa lo schema che ha caratterizzato e condizionato  14 mesi di comune coabitazione giallo-verde, con se stesso nella parte di o’Malamente prima recitata da Salvini. Il guaio per lui è che da allora, anche se di tempo è passato poco o niente, è cambiato tutto. In primis Conte, che non è più il professore dall’incerto curriculum messo lì a far da cuscinetto tra i due vicepremier, ma un premier consapevole di giocarsi una partita interna ed internazionale senza filtri e al riparo di condizionamento da parte dei suoi amici Cinquestelle.

Di Maio vuole fare come Salvini

Ma anche lo stesso Di Maio non è adatto nel ruolo di o’ Malamente. E non solo perché troppo azzimato e pettinato rispetto all’irsuto e irruente Salvini, ma soprattutto perché il suo M5S si è via via sfarinato in tante piccole tribù, ciascuna con il suo ras: Fico, ad esempio, ma anche la sfinge Di Battista per tacere di Grillo e Casaleggio Jr. e dove persino una new entry come Paragone si è messo in proprio e arruola senatori contro la fiducia al governo. E senza un movimento coeso non si va da nessuna parte. Tutto lascia quindi pensare che il sogno muscolare di Di Maio sia destinato a restar tale. Ma nel contempo è facile dedurne che il senso di frustrazione che ne deriverà farà da accumulatore per future tensioni. Insomma, il governo partirà, ma già è facile capire che non andrà lontano.

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