Damilano mette in guardia: “Attenti a Salvini & C, i sovranisti non sono finiti”
Salvini e Meloni se non ci fossero bisognerebbe inventarli. Per non parlare di Trump, Johnson e Putin. Senza di loro che cosa scriverebbe e di cosa concionerebbe Marco Damilano? E Giannini? E Paolo Mieli? E Lilli Gruber? E Travaglio? E mezza redazione di Sky Tg24? E gli internauti che assalgono la rete a ogni ora del giorno e della notte ossessionati dal pericolo della perdita del baricentro democratico, del faro progressista, mondialista, antifascista, antipopulista, antisovranista, antirazzista? Quelli che stanno lì, maniac,i a sfoderare commenti improbabili e a confezionare fotomontaggi bufala per dimostrare, per esempio, che la piazza tricolore di Montecitorio era un covo nero di sovversivi fascisti e nazisti tatuati di croci celtiche.
L’Espresso, per esempio, non avrebbe saputo che cosa “strillare” in prima pagina sul numero in edicola domani. Che è appunto dedicato ai nuovi Caimani con una preoccupazione doppia, se perdono o sono ridimensionati, come Matteo Salvini in Italia, rischiano di tornare come fantasmi a funestare il sonno dei giusti. Se vengono azzoppati, come Boris Johnson in Gran Bretagna, non sono ancora finiti come, con “superficialità e incoscienza”, si sente dire in queste settimane. A presentare il nuovo numero del magazine è proprio Damilano con un video dove compare con la faccia triste, più mesta del solito, a promuovere l’ultima fatica editoriale in edicola con Repubblica. Non proprio una promozione scoppiettante.
Sono in difficoltà, certo sono in crisi, questo doveva essere l’anno della conquista in Europa del fronte populista – dice il giornalista popolare non tanto per i suoi articoli quanto per la collaborazione fissa a PropagandaLive di Diego Bianchi , in arte Zoro – ma sono davvero finiti? Di questo si occupa l’Espresso mettendo in guardia il mondo dalle ceneri sovraniste ancora accese sotto la “potenza” della democrazia parlamentare. Sono ancora forti, è la conclusione, perché ancora forti sono i motivi che li hanno creati. Tra i tanti servizi, la crisi italiana, la fotografia dei post-populismo rappresentato dai Cinquestelle e l’immancabile affondo contro Salvini con un nuovo capitolo su Gianluca Savoini, mister Russiagate.
L’allarme è lanciato, la guerra già dichiarata da tempo diventa epocale in un quadro drammatizzato ad arte per suscitare nei lettori la presa di coscienza del pericolo. Con una lettura della realtà, non solo manichea ma lontana anni luce dalla percezione popolare e dal sentimento comune. Come per Silvio Berlusconi, sono accecati da una furia iconoclasta e da un odio ideologico, appena mitigato da un rinnovato stile ispirato alla finta sobrietà di mister Conte. Ma attenzione. Con il Cavaliere non andò benissimo.
E’ un assiduo frequentatore del salotto radical della maestrina rossa, il suo giornale è la versione in chiave moderna di “Vie Nuove”, periodico diffamatore dei bolscevichi.