«Con lo Stato peggio che con la mafia»: i retroscena del racconto di “Totuccio” Contorno

28 Set 2019 13:26 - di Redazione

«Comincio dagli Stati Uniti. Lì mi veniva dato uno stipendio mensile di 1.300 dollari, ma dal mese di ottobre questo contributo mi sarebbe stato tolto. All’epoca abitavo in un appartamento, dove pagavo 550 dollari al mese e quando mi è stato comunicato che non avrei più ricevuto il mensile ho deciso di lasciare l’appartamento, perché non avrei avuto i soldi per continuare a pagarlo, e venire in Italia”. Inizia così il racconto del pentito Salvatore “Totuccio” Contorno davanti alla Commissione nazionale antimafia della X Legislatura. È il 9 agosto 1989 e il collaboratore di giustizia racconta la sua vicenda, all’epoca in cui era negli Stati Uniti, ai deputati dell’Antimafia. Contorno, ex mafioso della famiglia di Santa Maria di Gesù di Palermo, dopo la collaborazione con la giustizia di Tommaso Buscetta cominciò a raccontare ai magistrati di Palermo i retroscena della mafia. Anche nell’ambito della indagine sulla pizza connection coordinata da Giovanni Falcone. Nel 1988 Contorno, che era sotto protezione, tornò in gran segreto a Palermo e si vendicò dei boss corleonesi, una vicenda con molti punti oscuri. Poi, nel 1989 venne nuovamente arrestato. Di recente il ruolo di Totuccio Contorno è stato interpretato dall’attore palermitano Luigi Lo Cascio nel film Il Traditore di Marco Bellocchio, in corsa agli Oscar.

“Totuccio” Contorno, i retroscena di una vita tra mafia e legalità

«In America avevo persino trovato un lavoro in un mattatoio, ma dopo cinque giorni sono stato costretto a lasciarlo a causa di una artrosi cervicale. Quindi non potevo lavorare, non ricevevo più il contributo dallo Stato, non avevo più soldi per vivere e per pagare l’appartamento, a quel punto o andavo a rubare o chiedevo beneficenza allo Stato visto che mi ero dissociato dalla mafia. Invece devo dire che mi sono trovato peggio che con la mafia. Sono rientrato in Italia e mi sono rivolto alla Criminalpol e all’Alto commissario Sica –dice ancora Contorno –. A loro ho esposto i miei problemi, spiegando la mia situazione finanziaria e il fatto che io e la mia famiglia non sapevamo come sopravvivere. Ma non ho ricevuto niente da nessuno né in America né in Italia. E ora, dopo tutti i benefici che ha avuto lo Stato, mi ritrovo in carcere a Sollicciano, praticamente sepolto vivo in una camera blindata, sorvegliato a vista 24 ore su 24. Ma per che cosa? Vorrei sapere per quale motivo mi trovo in carcere». «Vorrei farvi vedere le condizioni in cui mi trovo. E’ quasi un mese e mezzo che non riesco ad andare in bagno perché c’è sempre qualcuno che mi sorveglia, dicono che lo fanno per la mia sicurezza. Mi trovo in carcere con l’accusa di associazione a delinquere. A questo punto mi domando con chi mi sono associato, con lo Stato o di nuovo con la mafia?», dice Contorno particolarmente adirato rivolgendosi ai parlamentari che lo ascoltano. “Tenete presente che quando una persona si dissocia dalla mafia non può più rientrare nella organizzazione, io ormai sono destinato a morire. Venti giorni fa mi hanno ucciso uno zio e un cugino, ora vorrei sapere cos’altro volete da me. Una volta mi si dice che mi sono associato allo Stato, un’altra volta che faccio complotti e che commetto omicidi».

Da mafioso contro lo Stato a pentito con lo Stato

E ancora: «Ho fatto parte dello Stato, ma precedentemente, ho fatto parte anche del l’antistato. Le cose però sono cambiate: è mutata la mentalità, è stata introdotta la droga. Ho deciso quindi di cambiare io visto che le cose non erano più le stesse: i fatti, dal momento che io ero entrato a far parte di quell’organizzazione, erano mutati. Ho pensato perciò di aiutare lo Stato per liberarmi dalla mafia, soprattutto in considerazione dei loro ragionamenti e delle loro azioni. Volevo fare qualcosa per il dottor Sica o per chiunque altro, ma avevo bisogno di tempo – dice -La mia vita non si svolgeva più a Palermo, non avevo più la libertà di cui potevo disporre prima, non potevo più muovermi liberamente. Dovevo cercare attentamente se veramente volevo fare qualcosa, cioè se volevo conosce re le ultime novità». «Mi aspettavo un aiuto, volevo un lavoro, speravo di cambiare il nome. Lo Stato non mi ha dato niente in beneficenza. Io ho avuto una condanna di 6 anni a Palermo e ho fatto 6 anni e mezzo di carcere. È il 9 agosto 1989 e il collaboratore poi riarrestato si lamenta del trattamento ricevuto. “Ora mi ritrovo di nuovo in carcere, per associazione. Allora non so se posso dirlo, dice ai deputati – voi la mafia l’avete proprio capito come è istruita e come è preparata? Voi sapete cosa significa la mafia? Se uno esce fuori dalla mafia non può più rientrarvi; quando qualcuno fa il giuramento ed entra a far parte della mafia, se tradisce deve morire». «Se lo Stato in Italia fosse presente la gente aiuterebbe lo Stato: la gente vede che lo Stato è assente per cui se qualcuno assiste ad un omicidio, un furto o qualsiasi altra cosa se ne va dentro. Se, invece, lo Stato fosse presente qualcuno potrebbe dire di aver assistito ad un fatto (per esempio una macchina rubata, un tizio che passava, un latitante). Qualche persona ancora ci sarebbe per dire queste cose; ma lo Stato è assente e vedendo come hanno trattato me e Buscetta (abbandonati dallo Stato) chi potrebbe più collaborare con lo Stato»…

Su Buscetta e Michele Greco

E a proposito di Buscetta: «Se voi vi impegnate , tra me e Buscetta, Buscetta domani mattina può venire pure qua. Però ci deve essere un particolare: Buscetta ha la sua età, conosce …C’è tanta gente che dalla mafia è stata accantonata, posata. Potrebbero nascere tante cose. Ma come possono nascere le cose, così, al vento? Si potrebbero fare tante di quelle cose. Noi però, vogliamo aiuto e un supporto da voi e dallo Stato. Così si farebbero tante cose in Italia…Buscetta è sopravvissuto qualche giorno più di me perché penso che stava peggio di me. Buscetta ha superato la sopravvivenza più lunga della mia perché ha fatto un libro, un giornale ed ha preso un po’ di soldi. Ma ha una famiglia numerosa. Lui è stato abbandonato ormai, come sono stato abbandonato io». Mentre su Michele Greco infierisce dicendo: «è un grande “infamone” perché, non so se l’avete letto, l’ho pubblicato sui giornali, suo padre era un infame. Ho portato fuori questa storia proprio per far capire a tanta gente le cose che non sanno, perché ci sono degli atti che parlano e sarebbe bello poterli pubblicare e la gente, la gioventù di oggi potrebbe sapere che Michele Greco è il figlio di un infame. Diciamo infame nel termine proprio di Cosa Nostra»…

Commenti

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  • 29 Settembre 2019

    Vi pongo solo una domanda: La mafia cosa fa alla società? La opprime, la dissangua, non consente lo sviluppo se non nel suo interesse. Lo Stato cosa fa di diverso: la Giustizia non c’è, la delinquenza è la sola garantita, la burocrazia soffoca l’imprenditoria ed il comune cittadino, la sicurezza non è garantita (e non per colpa delle forze dell’ordine), i nostri figli devono emigrare per lavoro mentre i figli dei mafiosi al potere si prendono i posti per raccomandazione, i servizi sono disservizi ma noi paghiamo laute tasse. Riuscite a spiegarmi che differenza c’è tra Stato e Mafia allo stato attuale ?