Ad Atreju Delrio difende l’inciucio. E Rampelli chiede: “Chi ha paura della democrazia?
Un dibattito acceso, a tratti divertente, intervallato da momenti di pura satira. Ad Atreju 2019, la platea ha vissuto due ore degne di un talk show televisivo. E pensare che il titolo “La riforma degli italiani e l’Italia delle riforme”, lasciava prevedere un dibattito solo per politologi e costituzionalisti.
Prisco (FdI): Basta giochi di Palazzo”
«Ci definiamo sovranisti – ha esordito il deputato FdI Emanuele Prisco, introducendo il dibattito – perché per noi la sovranità appartiene al popolo. Sono i cittadini che governano, non le segreterie di partito, non le potenze straniere. Ci diciamo sovranisti perché per noi non esiste che uno prenda i voti da una parte e che faccia il contrario di quello che aveva promesso ai cittadini». L’introduzione al dibattito, moderato da Virman Cusenza, direttore de Il Messaggero, ha aperto le danze di una serie di interventi effervescenti.
Ad Atreju botta e risposta Delrio-Giorgetti
La legge sulla riduzione dei parlamentari va bene come la vuole il M5s? «No – ha detto il presidente dei deputati dem Graziano Delrio – Rischia di squilibrare la rappresentanza democratica e mortificare la rappresentanza territoriale. I meccanismi di compensazione sono la sostanza e non il contorno». Inevitabilmente, Delrio è stato punzecchiato dall’ex sottosegretario a Palazzo Chigi, Giancarlo Giorgetti. «Ci hanno spiegato – ha detto Giorgetti – che si può passare dal governo con Salvini al governo con la Boldrini». L’esponente leghista, particolarmente applaudito dalla platea, ha invitato a ripensare al ruolo del parlamento. «Le riforme non possono arrivare da manovre di palazzo. Le riforme si fanno se c’è uno spirito. L’unica tensione attuale è quella di una casta parlamentare che vuole sopravvivere. Non è un bel modo per concepire le riforme. È assolutamente chiaro che vanno cambiate le regole, perché non consentono di governare in modo efficace. La volta buona la decideranno gli elettori quando torneranno al voto».
«Mi chiedete coerenza – replica Delrio – ma allora la Lega doveva andare al voto dopo il 4 marzo e non fare il governo gialloverde. Anche Salvini aveva detto che non si alleava mai coi 5 stelle. Salvini ha preso i voti del centrodestra non certo per andare a fare un’alleanza con i 5 Stelle». E alla platea che ha contestato la sua considerazione, Delrio ha replicato: «Salvini era arrivato terzo, io ero arrivato secondo». E ancora, sulle riforme. «C’è una discussione aperta. La governabilità non si garantisce solo con le leggi elettorali. Anche Berlusconi andò in crisi con il suo governo che pure aveva una solida maggioranza. Ho fatto il sindaco per dieci anni. Io non ho paura delle elezioni. Sono favorevole a questo confronto, ma pretendo che le regole si scrivano insieme per tirare fuori dal pantano il Paese».
Non è mancata la controreplica di Giorgetti: «Gli elettori M5s hanno votato contro Renzi, contro Gentiloni, contro il Pd. Questa è democrazia parlamentare? Molto parlamentare e poco democrazia». Per il parlamentare leghista «una legge elettorale che garantiva la governabilità, c’era. Era il povero Porcellum. Bocciato dalla Corte Costituzionale, ma grazie al quale voi avete governato cinque anni. Voi invece volete tornare al proporzionale per proteggere il vostro trasformismo».
Toti: “L’unica soluzione è tornare al voto”
Il governatore della Liguria, Giovanni Toti, si è invece detto sicuro: «Una riforma elettorale pura e semplice difficilmente aumenterà la qualità dell’azione politica in Italia. La nostra Costituzione è tanto bella, ma fatichiamo anche ad applicarla. Parto dalla mia Liguria. Ritengo che la vera sfida sia quella di ridisegnare i poteri delle Regioni e ridisegnare la riforma delle Province, ridistribuire le competenze vere tra sindaci, città metropolitane. L’unica legge elettorale buona – conclude Toti – è quella che garantisce a un parlamento di fare queste riforme».
Rampelli: “Date il presidenzialismo agli italiani”
«Chi ha paura della democrazia in Italia?», ha domandato provocatoriamente Fabio Rampelli nel suo intervento. «È arrivato il tempo – ha aggiunto il vicepresidente della Camera – di attuare la democrazia compiuta dando ai cittadini italiani la possibilità di scegliere da chi essere governati, esattamente come accade nei Comuni e nelle Regioni. Occorre consentire alle persone di decidere non solo i partiti da cui essere rappresentati, come avviene oggi con la democrazia parlamentare, ma anche il Capo del Governo o il presidente della Repubblica come accade per sindaci e governatori. Il tema quindi non è quale legge elettorale o quale riforma istituzionale ma è quello di adattare regole, leggi e Costituzione al principio della sovranità popolare. Per chi crede nella democrazia dovrebbe essere perfino banale e invece nel terzo millennio hanno ripreso forma oligarchie illuminate con la pretesa di scegliere per conto della maggioranza le decisioni, secondo loro, migliori. Siamo sicuri che non ci sia in tutto ciò un ritorno di tirannia mascherata, cioè la dittatura delle minoranze che si auto eleggono a élite?»
Non è mancata la riflessione sul ruolo di Roma Capitale. Il parlamentare romano, sollecitato dal direttore del Messaggero ha spiegato che il problema non si risolve mandando a casa la Raggi ed è molto più complesso. «Per Roma non servono solo poteri, ma anche il trasferimento di beni e di proprietà. Il Colosseo per Roma Capitale è solo un costo. Non porta alcun beneficio. Zero centesimi di euro vengono trasferiti al Campidoglio dai biglietti, che però deve fornire la pulizia, il trasporto. Il Colosseo è un costo anziché un’opportunità».
Un dibattito piacevolmente intervallato dalle vignette di Alessio Di Mauro (direttore de Il Candido). Con Matteo Renzi mostro di Firenze, Zingaretti odontotecnico e Di Maio nei panni San Gennaro. Una serie di “quadretti” che hanno divertito e fatto riflettere. Nel puro stile della vera satira.