Pd e M5S, telefoni bollenti e trattative a porte chiuse: «Accordo a tutti i costi»

22 Ago 2019 22:06 - di Redazione

Telefoni bollenti, contatti continui. I “poltronisti” sono entrati ufficialmente in azione. L’inciucio si può fare. Anzi, si deve fare perché altrimenti, se si va alle elezioni, vincono i sovranisti. Sondaggi alla mano, Salvini e Meloni conquisterebbero la maggioranza e non ci sarebbe più storia. Meglio imbavagliare, meglio impedire agli elettori di entrare nelle urne. A costo di perdere la faccia, M5S e Pd sono alla ricerca di una sintesi. Una qualunque, s’intende, quanto basta per giustificare l’alleanza e tirare avanti.

«Noi abbiamo 5 punti, loro 10. Tutti e due siamo per lavorare a un governo forte e solo dopo per affrontare il voto. Bene, no?». Uno dei mediatori, tra i più ottimisti, tra Pd e M5S enfatizza a fine giornata gli aspetti positivi della situazione. La trattativa “giallorossa” ha fatto grandi passi in avanti (e non c’erano dubbi, visto che era già tutto previsto). Dopo tanti giorni di “lavorio” sottotraccia, i contatti sono alla fine diventati formali: il capo dello Stato ha dato a dem e pentastellati quattro giorni pieni di lavoro, fino a martedì. Dopo, un nuovo giro di consultazioni di 48 ore ma poi sarà incarico: giallorosso o a un premier “elettorale”, per portare il Paese alle urne.

«Il presidente, su questo, è stato chiaro», si spiega dalla delegazione  dem salita al Quirinale. Una chiarezza, quella del capo dello Stato, interpretata da chi è ottimista come una buona spinta alla chiusura dell’accordo. Le premesse al patto Pd-M5s sono nel via libera dell’Assemblea pentastellata a un incontro con i dem soprattutto per affrontare il tema del taglio dei parlamentari.

L’incontro, a livello di capigruppo, potrebbe tenersi subito. Ma ancora dal Nazareno manca la conferma ufficiale. Dalle parti del Pd, c’è da registrare l’ottimismo di Andrea Marcucci («l’obiettivo di arrivare ad un programma rigoroso nei tempi celeri che vuole il Capo dello Stato, è raggiungibile»). Ma anche le parole dello stesso Zingaretti: «Dai punti programmatici esposti da Di Maio emerge un quadro su cui si può sicuramente iniziare a lavorare».

Eppure, nonostante i passi avanti compiuti dalla trattativa, i nodi da sciogliere non sono tutti spariti. Tra i dem, per tutto il giorno si è consumata una strisciante polemica con scambio di accuse tra renziani («la velina Gentiloni stava per far saltare tutto») e zingarettiani («troppe furbizie») a causa dei 3 punti «non negoziabili» posti da Nicola Zingaretti per il suo sì al via libera al lavoro con il M5s. Una polemica andata avanti per tutto il giorno e poi stoppata dallo stesso segretario («i 3 punti sono la sintesi dell’Odg votato all’unanimità in Direzione») dopo una levata di scudi dei renziani.

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