«Nella mia città sarei già fuori su cauzione»: l’ultimo sfregio del killer del carabiniere
«Nella mia città, San Francisco, forse non sarei stato in carcere: sarei uscito su cauzione». Così parlò Gabriel Christian Natale Hjort, il 19enne americano indagato con l’amico Elder Finnegan Lee per l’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, un messaggio fin troppo chiaro rilanciato in queste ore, tra gli altri, dal sito del Corriere della sera che, nel dare conto di un’iniziativa dei radicali ribattezzata “Ferragosto in carcere” che ha portato gli esponenti del partito che fu di Marco Pannella in visita nel carcere romano di Regina Coeli da uno dei giovani americani detenuti per per l’omicidio del carabiniere Mario Cerciello, torna sul tema del sovraffollamento negli istituti penitenziari e, contestualmente, ne approfitta per ribadire teorie garantiste sul caso dell’omicidio del giovane uomo dell’Arma brutalmente ucciso a Roma nella notte tra il 25 e il 26 luglio con 11 fendenti.
I Radicali in visita a Regina Coeli: il killer del carabiniere li accoglie così
«Nella mia città, San Francisco, forse non sarei stato in carcere: sarei uscito su cauzione»: dopo quasi un mese di reclusione in una delle celle del carcere capitolino di via della Lungara, il killer statunitense torna a parlare e a far parlare di sé quando ancora gli echi polemici legati alla foto che lo ha ritratto e bendato durante un interrogatorio non si sono spenti. «In America c’è un sistema diverso e probabilmente non sarei stato in cella», sono le parole di Christian Gabriel Natale Hjort, accusato insieme a Finnegan Lee Elder di concorso in omicidio per la morte del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega. Entrambi gli americani sono reclusi a Regina Coeli, dove una delegazione del Partito Radicale (Irene Testa, la tesoriera, il segretario del partito Maurizio Turco, la presidente dell’Istituto Luca Coscioni Maria Antonietta Farina Coscioni) ha fatto visita nell’ambito dell’iniziativa Ferragosto in carcere, un check sulle condizioni di detenzione negli istituti penitenziari italiani per renderli più trasparenti. «Natale Hjort non si è lamentato delle condizioni in cella, ci è sembrato invece molto incuriosito della nostra iniziativa. Avendo i genitori lontani, ci ha detto che li rivedrà probabilmente a settembre», riferisce all’Adnkronos Irene Testa, la tesoriera del Partito Radicale. E la solita pletora di buonisti dem si schiera nelle trincee radical chic pronta a dare fiato alle trombe del buonismo e del civismo da tastiera. E mentre tutti si interrogano sulle condizioni di vita dei due detenuti americani – che come ricorda l’Adnkronos, «sono tra gli oltre 1.000 detenuti reclusi a Regina Coeli, a fronte di una capienza di 616 posti letto nella struttura», e con 40 gradi di temperatura fissi, lui, il diretto interessato, come riferisce in Corriere della sera, in realtà «non si lamenta della vita in cella, in un reparto separato dall’amico Elder». E ci mancherebbe pure. Lui del resto, e chi lo difende e lo sostiene al di qua e al di là delle sponde oceaniche – vuole solo uscire ribadendo a più riprese che, in America, sarebbe già libero. E cresce l’indignazione…