L’Aquila, il sindaco: «Centinaia di milioni di euro bloccati da pastoie burocratiche»

14 Ago 2019 9:32 - di Pierluigi Biondi

Genova per noi non è solo uno straordinario brano della tradizione cantautorale italiana. Genova, per noi è anche un brutto ritratto e un monito. È il tragico quadro del ponte Morandi che, giusto un anno fa, seppelliva 43 vite sotto le macerie, simbolo di un’Italia che crolla troppo velocemente e ricostruisce troppo lentamente. Una nazione che non è in grado di spendere in tempi certi le risorse destinate alle infrastrutture necessarie alla modernizzazione del Paese (le reti materiali) e al benessere e alla tutela delle comunità locali (sedi per l’istruzione, ospedali, presidi anti-dissesto). Secondo un rapporto del 2018 dell’Agenzia della coesione territoriale sui tempi di attuazione delle opere pubbliche, infatti, la media di durata di un appalto – dall’avvio della progettazione preliminare all’esecuzione dei lavori – è pari a 4 anni e mezzo, un dato che sale progressivamente con l’aumento dell’importo dei quadri economici. Per gli interventi tra i 5 e i 10 milioni di euro, il costo di una scuola di medie dimensioni, per intenderci, servono di norma quasi otto anni, tanto quanto impiegato per la costruzione dei 755 chilometri dell’Autostrada del Sole, avvenuta tra la primavera del 1956 e l’autunno del 1964.

L’analisi di Ignazio Visco

Nel corso di un convegno del settembre 2018, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha fatto opportunamente rilevare come «indagini condotte nello scorso decennio indicavano per il nostro paese costi medi per chilometro e tempi di realizzazione dell’alta velocità circa tre volte superiori a quelli di Francia e Spagna; i costi medi per chilometro delle autostrade erano più che doppi rispetto alla Spagna. Con riferimento ai principali progetti co-finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale, quelle analisi indicavano per l’Italia ritardi di esecuzione pari a più del triplo della media europea e aggravi di costo superiori al doppio. Si tratta di differenze la cui ampiezza non appare giustificabile solo sulla base della diversa conformazione orografica dei territori. Pesano in modo diverso le diverse fasi di realizzazione. Sulle tempistiche incidono in misura elevata i cosiddetti tempi di ‘attraversamento’, vale a dire i tempi intercorrenti tra la fine di una fase procedurale e l’inizio di quella successiva (ad esempio, progettazione e affidamento dei lavori) o tra loro sotto-fasi (ad esempio, progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva). Questi intervalli, che riflettono almeno in parte attività amministrative e inefficienze, rappresentano in media circa il 54 per cento della durata complessiva (tale valore sale al 60 per cento guardando alla sola fase di progettazione)».

L’Aquila sta rinascendo ma…

Dal mio osservatorio privilegiato di sindaco dell’Aquila posso testimoniare come ciò sia drammaticamente vero: il sorriso splendente di una città che sta rinascendo nei suoi palazzi privati è macchiato dai vuoti sull’arcata dentale degli edifici pubblici ancora impacchettati come nel 2009. Centinaia di milioni di euro disponibili bloccati da pastoie burocratiche, norme cervellotiche, procedure contraddittorie. Considerando che solo per i tre grandi terremoti che hanno colpito la penisola nell’ultimo decennio (Abruzzo 2009, Emilia-Romagna 2012, centro Italia 2016-2017) sono stati stanziati, a oggi, circa 40 miliardi di euro, è facilmente comprensibile quale enorme mole di risorse pubbliche sia congelata nelle casse di
provveditorati, soprintendenze, regioni, province e comuni.
Ma non è solo un tema di competitività del cosiddetto “sistema Paese” o di sostegno a un settore chiave per il Pil nazionale quale quello delle costruzioni. È una questione soprattutto di sicurezza. E qui c’è il monito del viadotto finito in briciole la vigilia del Ferragosto scorso. Che si tratti di responsabilità umana, di calamità naturali o di una somma tra i due fattori, l’Italia è ancora oggi un corpo troppo fragile per cui le cure pensate dalla politica sono state tardive e, in alcuni casi, hanno addirittura peggiorato il quadro clinico: basta guardare al nuovo codice degli appalti del 2016, per cui sono stati già necessari più interventi correttivi, l’ultimo con il timidissimo cosiddetto “sblocca cantieri”.

Va invertita con coraggio la rotta

Al prossimo governo legittimato dal voto popolare spetta il compito di invertire con coraggio e decisione la rotta, partendo da una normativa quadro sulle emergenze e sulle ricostruzioni, sulla velocizzazione dei procedimenti per gli interventi sugli edifici strategici, sul potere derogatorio degli enti locali, conciliando il tutto con i principi di legalità, di trasparenza e di efficienza della macchina amministrativa. Per sintetizzare: leggi più semplici, controlli più severi. Perché solo un rilancio degli investimenti pubblici, unito alla riforma del sistema fiscale per famiglie e imprese e alla tutela del Made in Italy sotto le sue mille sfaccettature (produttivo, culturale, turistico, paesaggistico), è in grado di rimettere in cammino il Paese e farlo uscire dalle secche della stagnazione economica.

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