La morte del capo ultrà Piscitelli, il parroco: un funerale non si nega a nessuno

13 Ago 2019 16:36 - di Redazione
Il leader degli Irriducibili della Lazio, Fabrizio Piscitelli, detto "Diabolik"

«Il funerale non si nega a nessuno»: prudente ma, comunque, netto, don Sergio Pellini, il parroco di Santa Maria Ausiliatrice, la Basilica nell’omonima piazza del Tuscolano a quattro passi da via Amulio, dove hanno sede gli Irriducibili e dove si sarebbero dovute tenere, secondo il desiderio della famiglia, le esequie di Fabrizio Piscitelli, il capo ultras laziale ucciso mercoledì scorso a Roma, entra, sollecitato dall’Adnkronos, nella querelle fra i parenti dell’uomo e il questore di Roma che ha disposto un servizio funebre in forma privata rifiutato dai congiunti.

«Noi – esordisce il prelato facendo attenzione a non urtare la suscettibilità di nessuno – ci atteniamo alle indicazioni che verranno date dalle autorità civili ed ecclesiastiche».

«Noi avevamo parlato con la famiglia e avevamo ipotizzato la celebrazione del funerale qui – svela il parroco della Chiesa nel cuore del quartiere dove Piscitelli è nato e cresciuto – stante il benestare delle autorità civili ed ecclesiastiche». Perché, appunto «il funerale non si nega a nessuno».
Ma su quel funerale si è ora innescata una vera e propria battaglia legale. Da una parte la famiglia di Piscitelli che vorrebbe esequie «alla presenza dei suoi amici, dei laziali e non, di quanti gli volevano bene». Dall’altra il Questore di Roma che teme incidenti. Il Tar al quale i parenti di Piscitelli si sono rivolti ha dato loro torto. Ma la famiglia di “Diabolik“, così era soprannominato il capo degli Irriducibili, ha fatto sapere che non si fermerà. E che tenterà tutte le strade possibili, eventualmente anche ricorrendo nelle sedi successive, fino alla Corte di Strasburgo.

I funerali del capo ultras ucciso con un colpo di pistola mercoledì sera mentre si trovava su una panchina nel parco degli Acquedotti a Roma, previsti per stamattina alle 6 al cimitero Flaminio, presidiato da un imponente dispositivo delle forze dell’ordine, sono stati rinviati. Dopo aver effettuato il riconoscimento del corpo del congiunto, come prescrive la legge, all’istituto di medicina legale del policlinico Tor Vergata, i familiari hanno rifiutato di spostare il corpo di Piscitelli, proprio in aperta polemica con il Questore di Roma.

Nelle prime ore di questa mattina, Rita Corazza, la moglie di Piscitelli, ha riconosciuto il corpo del marito a Tor Vergata: ha detto alcune preghiere prima di lasciare il Policlinico.
«La salma di mio fratello sta all’Istituto di medicina legale del policlinico di Tor Vergata e anche ieri la Questura ci ha assicurato che rimarrà lì nella disponibilità della famiglia. Io sono intenzionata a far valere, con tutti gli strumenti che mette a disposizione la legge, il diritto di mio fratello ad avere un funerale, semplice e composto, in una normale parrocchia – dice Angela Piscitelli, la sorella di Fabrizio, all’Adnkronos.
«Il questore – aggiunge Angela Piscitelli – deve aver fatto una scelta in base al suo pathos creando un allarmismo che non era presente né nella famiglia, né nella tifoseria o nella la cittadinanza in generale. Per questo adesso – continua Piscitelli – dovrebbe riflettere sull’opportunità di questa scelta. Si sa che a un funerale vanno amici, parenti. Non so se è una scelta giusta perché era intenzione degli amici di Fabrizio presenziare alle esequie».

«Volevamo fare un normalissimo funerale, una cerimonia semplice e composta, se ce lo avessero consentito, anche senza la camera ardente nella sede in via Amulio, per noi sarebbe andato bene. Non c’era alcuna intenzione di creare turbolenze da parte di nessuno, mio fratello per primo non avrebbe mai voluto che accadesse nulla del genere alla presenza dei suoi familiari. Farò tutto quello – conclude la sorella di Fabrizio Piscitelli – che la legge mi consente per far valere i diritti di mio fratello».

«Ribadisco che mio padre è stato ucciso da uomo LIBERO. A distanza di sei giorni dell’omicidio di mio padre, non mi è stato ancora permesso di vederlo, mi stanno negando di celebrare un funerale normale e non mi è stata data ancora una spiegazione. La legge è uguale per tutti? – si domanda, su Facebook, Ginevra, figlia del capo ultras della Lazio – Con tutte le cautele atte ad assicurare la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini. (?) Tuttavia la Questura continua a non saper dare una spiegazione del perché abbiano deciso di prendere un provvedimento così estremo, applicato solo in particolarissimi casi».

In via Amulio, sede degli Irriducibili, a due passi dalla Chiesa che potrebbe ospitare i funerali di Piscitelli, semmai venisse deciso così, sta arrivando, intanto, l’omaggio di tutte le tifoserie amiche, italiane ed estere, al capo ultras: «Per te, uomo, ultras. Onore», recita l’iscrizione sopra la grande corona inviata dai Nab, i  Nuclei armati bianconeri. Appena sotto, sono annodate le sciarpe degli altri gruppi ultras della Juve, “Fighters Tradizione”, “Antichi valori”, “Viking”.
L’omaggio della tifoseria bianconera svetta tra le decine di corone di fiori inviate alla sede degli Irriducibili dalle curve italiane ed estere.
C’è la maglietta dei romanisti di “Insurrezione giallorossa” ripiegata su un cuscino di rose attorniata dai lumini e dalla foto di “Diablo” adagiati sul marciapiede all’ingresso della sede degli Irriducibili Lazio.
«Ciao ultras», si legge sui fiori inviati dai “Wild Caos” dell’Atalanta, una tra le tifoserie storicamente più ostili ai laziali e viceversa.
Eppure, in questi casi, gli ultras sanno andare oltre. E tributare gli onori al «vecchio leone degli stadi».
Come hanno fatto perfino i napoletani: una sciarpa spunta tra i fiori. Ci sono il cuscino e la sciarpa degli amici dei “Blood&Honour Varese”, quelli del “Lazio fans Romania” che scrivono «Riposa in pace Diabolik».
Dello stesso tenore altre decine di messaggi lasciati ai piedi del murale dipinto accanto alla porta di ingresso della sede degli Irriducibili: una maschera nera corredata da la scritta “Diablo Vive“.
La stessa immagine è stampata sul bandierone che sventola all’inizio di via Amulio. E sulle magliette che indossano ”i suoi ragazzi” della Curva Nord.

Sul fronte delle indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Capitale, oltre ai tre cellulari verranno analizzati anche i due computer di Fabrizio Piscitelli.
L’autista cubano che, da poco più di una settimana, accompagnava Diabolik a tutti gli appuntamenti, è stato ascoltato più volte dagli inquirenti.
La sera dell’omicidio l’uomo aveva portato lo storico capo ultras della Lazio all’appuntamento accompagnandolo e fermandosi sulla panchina dove poi è stato ucciso con colpo di pistola alla testa.
Dalla sua testimonianza non sono però emersi dettagli utili alle indagini per capire con chi avesse appuntamento quella sera.
Qualche elemento in più potrebbe arrivare, invece, dall’analisi sui tre cellulari che erano nella disponibilità dello storico capo ultras della Lazio, tutti bloccati da un codice di accesso. Un lavoro che richiederà però tempi lunghi.

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