I rapper “Assalti frontali” chiamano a raccolta i cantanti “umani”: «Porti aperti»

20 Ago 2019 9:45 - di Paolo Sturaro

Dal rap particolarmente duro alla lotta che stile anni ’70. Il linguaggio del gruppo “Assalti frontali” è lo stesso, quello tipico degli antagonisti. Lo slogan è “porti aperti”. Va di moda, specialmente in una parte ben definita del mondo dello spettacolo. In mancanza di altro, messo Marx in soffitta, non resta che quello. «Tutti noi abbiamo delle responsabilità personali e collettive», dice all’Adnkronos “Militant A”, la voce della band rap. «Ognuno nel proprio ambito dovrebbe impegnarsi in difesa dei diritti umani, parlo anche ai miei colleghi artisti, facciano sentire la propria voce in difesa dei migranti. I porti dobbiamo aprirli non solo in mare, ma anche dentro le città».

«È importante parlare e prendere posizione – aggiunge il cantante degli “Assalti frontali” – con la poesia, con i video, con le canzoni». Come fece proprio il gruppo rap già otto anni fa, quando uscì con il singolo “Lampedusa lo sa”. Puntuale arriva l’attacco a Matteo Salvini: «Le sue scelte sono vergognose – dice – Salvini è forte con i deboli e deboli con i forti. Ora lui è il suo governo paghino queste scelte inumane, che ricadono su tutti noi come popolo. Spero che questo governo cada al più presto», auspica. Sì ai porti aperti, «che non sono solo quelli in mare ma sono anche le occupazioni sotto sgombero nelle città, come il palazzo in via del Caravaggio, a Tor Marancia, a Roma, che è di proprietà di un costruttore che l’aveva lasciato vuoto e che possiede altre mille proprietà immobiliari. Quei luoghi sono punti di prima accoglienza, di sostegno. Oltre a offrire un tetto a chi è in emergenza abitativa sono luoghi dove si sperimentano e si mettono in campo buone pratiche di condivisione e inclusione». Programma da centri sociali. Parole da centri sociali- Musica da centri sociali.

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