Cala il sipario, si spengono le luci, Conte va da Mattarella: «Scappo, mi aspettano»
L’ultimo atto. Conte fa l’intervento di replica, saluta, fa l’inchino e se ne va da Mattarella per dimettersi. È il momento in cui cala il sipario e si spengono le luci. «Finisce qui», dice. «È stata una lunga giornata, scappo che mi aspettano…», aggiunge salutando i cronisti prima di lasciare Palazzo Madama per recarsi al Quirinale. Ora tocca al presidente della Repubblica. Nel discorso finale aveva ribadito: «Non c’è stato nessun ravvedimento tardivo, se sono stato frainteso vorrei chiarire.. Non ne faccio una questione personale tra me e gli amici della Lega e tra me e Salvini, con cui mi fermerei a fare una chiacchierata per dirgli il mio dissenso su tante questioni. Io ho parlato di cultura delle regole e di sensibilità istituzionale».
«Dobbiamo essere d’accordo su un punto: non possiamo affidarci a espedienti, tatticismi, giravolte verbali che io faccio fatica a comprendere», continua Conte. «Scusatemi, ma sono molto lineare, apprezzo la linearità di azione». Non rinnega nulla. «Tra le varie questioni sollevate c’è stata anche quella dell’immigrazione. Io non sto qui a giustificarmi né a rinnegare quanto abbiamo fatto. C’è stata una politica di maggiore rigore sul presupposto che una indiscriminata accoglienza equivale a una non accoglienza».
Non aveva fatto mancare l’ennesima stoccata: «Mi dicono che è stata ritirata la mozione di sfiducia. Prendo atto che al leader della Lega, Matteo Salvini, manca nel coraggio di assumersi la responsabilità dei suoi comportamenti. È evidente che la responsabilità della crisi porta la sua firma ma se gli manca il coraggio politico, me la assumo io. Questa è l’unica conclusione obbligata e trasparente».
La replica di Salvini alle critiche velenose ricevute da Conte: «Gli insulti del premier non sono a me ma al Paese».