Torino, la poltrona della Appendino in bilico fino a lunedì. Di Maio non basta

13 Lug 2019 12:58 - di Valerio Falerni
chiara appendino

La soluzione delle dimissioni è ancora sul tavolo e fino a lunedì, giorno della rosa dei conti nel consiglio comunale, funzionerà come una pistola puntata alla testa di quelle che Luigi Di Maio ha bollato come «minoranze rancorose». Nel frattempo, la sindaca Chiara Appendino contatta amici e nemici per capire se ci sono le condizioni minime per restare alla guida di Torino. La città chiede una svolta dopo aver sperimentato sulla propria pelle le mirabilie della “decrescita felice” vagheggiata dai grillini: Tav bloccata, rinuncia alle Olimpiadi invernali del 2020 a tutto vantaggio di Milano e di Cortina e, ciliegina sulla torta, l’abbandono polemico della città da parte degli organizzatori del Salone dell’Auto. Solo quest’ultimo evento portava sotto la Mole 700mila persone. Ora vola anch’esso alla volta del capoluogo lombardo. Troppo anche per una Cinquestelle doc come la Appendino.

M5S sull’orlo di una crisi di nervi

La sindaca non ci sta a fare la parafulmini per assecondare scelte che irresponsabili che fanno a cazzotti con gli interessi e le esigenze dei torinesi. Ma la situazione non è semplice: vero è che Di Maio ha difeso l’operato del primo cittadino garantendo appoggio incondizionato, ma è altrettanto vero che la base del MoVimento a Torino è infarcito di gruppi provenienti dall’antagonismo, dai centri sociali, dai no-Tav e da tutto ciò che con una forza di governo c’entra come i cavoli a merenda. L’incompatibilità tra base e settori del vertice pentastellato spiega perché, dal punto di vista del pronostico, il consiglio comunale di lunedì è da tripla.

La Appendino stanca di avallare i “no” del suo vice

Da indiscrezioni trapela che la Appendino abbia contattato personalmente il suo vice, Guido Montanari, il “signor no”, colui che ha esultato per la perdita del Salone dell’Auto, per sondarlo circa l’ipotesi di sue spontanee dimissioni, ricevendone però un secco rifiuto. Se non lo vuole più come vice deve revocarlo. Ma questo aprirebbe inevitabilmente uno scontro sulle due anime del M5S, con il rischio di trasformare  Torino nel laboratorio in cui sperimentare l’alleanza di tutti – Fico, Di Battista e lo stesso Grillo – contro Di Maio. Uno scenario che il sempre più zoppicante capo politico non può permettersi.

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