Sul M5S sta per calare il sipario. E Grillo è l’unico a non aspettarsi applausi
La bolla è scoppiata. Il castello di suggestioni costruito su una lettura fuorviante e menzognera della politica, complice la mamma sempre incinta della demenzialità social, si sta sgretolando sotto i poderosi colpi della realtà. Avanti di questo passo e del M5S resterà solo il ricordo. Nessuna meraviglia. Il fallimento era già scritto nelle premesse “ideologiche” del MoVimento, nella sua narrazione dell’Italia, nella sua pretesa di egemonizzare la società connettendo il rancore al web: il Parlamento come casta, il governo come opera del diavolo, la politica come ostaggio di lobby e corruttori. E loro, i 5Stelle, gli angeli vendicatori, i puri, quelli che avrebbero aperto il Palazzo come una scatoletta di tonno senza fare compromessi, senza guardare in faccia a nessuno e senza lasciarsi sedurre da salotto e da talk-show. In nome del cambiamento, cioè di una politica senza alleanze, svolta da cittadini portavoce per non più di due mandati e finalizzata a realizzare senza tentennamenti il programma della “decrescita felice”. E tanto di cappello a un guru visionario come Gianroberto Casaleggio e a un comico annoiato come Beppe Grillo se una tale paccottiglia di pulsioni sia riuscita ad imporsi fino a diventare speranza di molti. Nei tempi di crisi profonda può succedere.
Grillo ha capito che lo spettacolo è finito
Soprattutto se, come accaduto in Italia, la rivolta verso l’alto è partita… dall’alto. Dal Corriere della Sera, ad esempio, il primo ad opporre la “Casta dei privilegiati” al popolo bue, ma anche da intere reti tv e da giornalisti e conduttori che non a caso ora poggiano le loro sprezzanti terga sugli odiati scranni parlamentari. E proprio questa singolare sommossa spinta dall’alto verso l’alto spiega meglio di mille dotte analisi perché quella dei Cinquestelle non è stata una vera rivoluzione ma solo un grande imbroglio capace di disertare tutti gli appuntamenti: il Tap si farà e anche il Muos. E così la Tav. La Raggi a Roma e la Appendino a Torino sono due carcasse politiche. Di Maio non ne imbrocca una e Di Battista ha vergogna a farsi vedere in giro. Resta Grillo, l’Elevato. Da guitto consumato è l’unico ad aver capito che sul suo spettacolo sta per calare il sipario. Ed è anche il solo a non aspettarsi applausi.
Pur condividendo in pieno, andrei cauto sulla fine del movimento. Già ai tempi del crollo del comunismo reale si scatenarono facili entusiasmi, ma il drago morente scagliò terribili colpi di coda: giustizialismo giacobino, ambientalismo ottuso, appoggio malcelato alle rivolte anarcoidi, concordanza di vedute con un clero ipocrita che straparla di accoglienza, invasione delle reti tv, come giustamente ricorda l’articolo. I comunisti, di cui il movimento è l’ennesima sciagurata declinazione, sono ancora in grado di far danni al paese, salvo sperare in un completo rinsavimento da parte degli elettori non appena sarà possibile esprimersi.