Strage di Bologna, il fastidio di certa sinistra per la perizia che riapre la pista dell’esplosione accidentale
Riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo:
Caro direttore,
Nella Sinistra si continuano a registrare “incrinature” importanti, sulla vicenda tragica del 2 agosto 1980. L’altro giorno, Mauro Moruzzi, ex-assessore Pci della giunta bolognese del sindaco Renzo Imbeni, dalle colonne de La Repubblica, ha espresso parole non scontate sugli esiti della perizia di Danilo Coppe, finendosi per chiedere se tutta la storia non si riduca a un “contrapporre una verità politica, la strage è comunque fascista e tutto il resto sono depistaggi, a quella investigativa e giudiziaria”.
Inevitabile sconcerto tra le file della Sinistra locale e della stessa Repubblica, sulle cui colonne oggi appare una replica dell’ex-capocronaca di Bologna, Aldo Balzanelli. Per il giornalista, Moruzzi commette due errori sostanziali: il primo, definire “politica” la “verità” tratta dalle sentenze passate in giudicato, dal momento che “gli atti sono stati vagliati da decine di giudici, fino alla Cassazione”; il secondo, “fare riferimento con sufficienza ai depistaggi, quasi fossero un dettaglio trascurabile”, ricordando all’ex-politico “rosso” di quante protezioni avrebbero goduto i responsabili alfine condannati.
Ora, se queste parole fossero state pronunciate da un politico che la pensa diversamente da Moruzzi, sarebbero accettabili, per quanto non condivisibili: nella polemica politica, ognuno sostiene ciò che vuole. In bocca a un giornalista, invece, tradiscono una non trascurabile dose di disonestà intellettuale. In primo luogo, perché un cronista – chiamato a raccontare e a valutare lo svolgersi dei fatti processuali – non dovrebbe scordarsi di ricordare ai suoi lettori come, delle “decine di giudici” che vagliarono gli atti, tanti si espressero per l’innocenza degli imputati e che, se alla fine il processo è approdato a una condanna finale, la rotta è stata travagliatissima e contestatissima.
E non certo per chissà quale operazione dei servizi. Si prenda, per esempio, l’attuale processo a carico di Gilberto Cavallini, imbastito su carte su cui fu chiesta più e più volte, ottenendola, l’archiviazione, anche in anni recentissimi, come nel 2014. Quale servizio segreto avrebbe “conculcato” la volontà di Rita Chierici, in quella occasione? Oppure quel giudice era “venduto” o così tanto ottuso? Non c’è da scherzare, dai… Sui depistaggi, poi, il giudizio di Balzanelli ha del grottesco, poiché praticamente nessun altro, a livello giornalistico e storico, è più disposto a non ammettere come i “servizi” – “deviati” o meno che fossero – tutto fecero, tranne che allontanare i sospetti dalla “eversione nera”, soprattutto nel caso, citato proprio da Balzanelli, del finto attentato sul “Taranto-Milano”.
Non ‘è un caso che tutti i più noti colleghi che hanno scritto della vicenda, coniarono e usarono il neologismo “impistaggio”, per descrivere quella vicenda. Per altro, proprio le risultanze degli ultimi anni, se non sono sufficienti per dimostrare l’innocenza di Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini – e, di conseguenza, quella di Cavallini -, dimostrano la debolezza dell’interpretazione mezzo giudiziaria e mezzo mediatica dell’opera dei servizi segreti: perfettamente a conoscenza della presenza tra i giorni dell’1 e 2 agosto ’80 di un forte nucleo di terroristi “rossi”, legati alla eversione internazionale palestinese e in parte dediti ad attentati sanguinari – si parla di Thomas Kram; di Francesco Marra; una complice di quest’ultimo registrata con falso nome di Loretta Vidali all’Hotel Europa; di Brunello Puccia e, forse, di Christa Margot Frolich -, gli “spioni infedeli” non solo non ne enfatizzarono affatto l’insolito trovarsi tutti insieme appassionatamente a 50 metri dalla stazione ma, anzi, contribuirono per vent’anni a oscurarne la presenza in città quella tragica mattina. Tutto questo per aiutare i Nar? Ripetere, giova, come dicevano i latini: non c’è da scherzare, su queste cose… Ed è buona notizia, quindi, che anche nella Sinistra ci siano persone che insistano a ragionare con la loro testa, piuttosto che con quella (scarsa) dei “nipotini” di Eugenio Scalfari.