Scurati fa il pugno chiuso ma cita Céline e dice: “Sto dentro la mente del Duce…”
Antonio Scurati ha salutato la (scontata) vittoria del premio Strega alzando il pugno chiuso al cielo. Il dovere dell’antifascismo editoriale si è sovrapposto all’amore del narratore per il personaggio Mussolini.
La sua sfida, all’inizio, era quella di rendere letterario un personaggio amato-odiato, ingombrante, attuale e inattuale al tempo stesso. Ci è riuscito a metà, utilizzando soprattutto i discorsi di Mussolini e gli articoli del Popolo d’Italia per entrare dentro il linguaggio del Duce, dentro il suo potere carismatico.
Il linguaggio in un romanzo è tutto, in un romanzo storico è essenziale. Evoca, crea analogie, riproduce atmosfere, interroga i morti e gli ridà voce. L’operazione non deve essere stata a costo zero se Antonio Scurati ammette: “Finito il periodo di scrittura ho avuto problemi di stabilità psichica, fenomeni di straniamento. Ne parlai al mio medico, mi rassicurò: lei da anni è dentro la mente di Mussolini e non vorrebbe sentirsi dissociato?”.
Il narratore ha compiuto dunque un’opera di trasformazione e di sdoppiamento: è entrato nel personaggio, consapevole di doverlo condannare, ma ne è rimasto prigioniero. Un po’ quello, si disse all’epoca, che era capitato a Renzo De Felice, soggiogato dal fascino del suo oggetto di studio, Mussolini e il fascismo, un groviglio che non è facile liquidare con la canzoncina di “Bella Ciao”.
E nella matassa anche Scurati è rimasto impigliato, e ora ammette la perfetta sintonia tra il suo librone (800 pagine) e il gran parlare che si fa di ritorno del fascismo, anzi dello squadrismo (del quale tra l’altro Mussolini intendeva liberarsi se non ci fosse stato l’intoppo del delitto Matteotti).
Lo ammette e lo fa citando Céline: “Nessuno scrittore apre un cantiere così vasto per inseguire la cronaca. Talvolta accade però che il suo progetto letterario vada in risonanza con l’attualità. Lo diceva Céline”. Citazione di un autore maledetto, per il quale si farà perdonare con altre esibizioni di antifascismo modaiolo, ma per l’intanto deve dare a Céline quel che è di Céline: “Un uomo pessimo senz’altro ma grandissimo scrittore. Diceva che gli scrittori sono come cani da slitta siberiani: fiutano il crepaccio nella tormenta a cento metri di distanza”.
Il crepaccio Scurati non lo ha nemmeno sfiorato. A parte le bacchettate ricevuta da Ernesto Galli della Loggia per alcuni svarioni storiografici presenti nel romanzo, per “M. Il figlio del secolo” da subito sono arrivati complimenti e applausi e sono giunti anche in virtù di un antifascismo di maniera sbandierato in ogni talk show e in ogni intervista.
Ora, si dice, Mussolini è garanzia di vittoria. Sul mercato sì, nelle gerarchie editoriali un po’ meno. Sia come sia è la seconda volta, in un decennio, che Mussolini traina un autore verso l’ambito premio Strega. Avvenne con Antonio Pennacchi (ma il suo romanzo era una storia epica familiare che si intrecciava con il fascismo costruttore di città) ed è avvenuto con Antonio Scurati. Il suo romanzo è meno bello di quello di Pennacchi, meno emozionante, meno coinvolgente. E’ un gradino poco sopra alla cronaca, ma con una prima parte sorprendente (non tace infatti le violenze dei socialisti e dei comunisti nel biennio rosso) e un finale dove emergono le contraddizioni del delitto Matteotti (dipinto peraltro come un grillino ante-litteram): Mussolini non lo voleva morto, ma è grazie a quell’omicidio che compirà la svolta verso la dittatura.
Perché Mussolini vince sul mercato e a volte anche nei salotti letterari? Perché con quel passato non si è fatta ancora pace. Quel passato è storia ma è ancora cronaca politica. Dominarlo con la letteratura non è sempre un gioco da ragazzi. Bisogna avere, appunto, un buon psicanalista…