Scurati conquista il Premio Strega con Mussolini. Gli antifà si rassegnino: il Duce ancora “tira”
Ancora il Duce? Ma davvero? Ma è un’inflazione. Non la pensa così la giuria del Premio Strega 2019 che ha incoronato vincitore del premio letterario più prestigioso d’Italia Antonio Scurati con il suo romanzo M. Il figlio del secolo (edizioni Bompiani). Furbetto, bravo a fiutare dove tira il vento, di sicuro lo scrittore-giornalista con la «controversa figura di Benito Mussolini» ha sbaragliato gli altri quattro finalisti.
«La vittoria al premio Strega significa gioia, è il riconoscimento di un lavoro fatto. Per me la grande gioia è il pensiero che, da domani, grazie alla fascetta dello Strega, altre migliaia e migliaia di italiani leggeranno questo libro e impareranno a conoscere soprattutto cosa è stato il Fascismo». Le prime parole di Scurati trasudano l’adrenalina del successo, era da giorni in pole position (il Secolo, per primo, aveva scommesso sulla sua vittoria) e nel ricevere la “medaglia” ha confermato di essere già al lavoro da tempo al secondo volume della trilogia su Mussolini che racconterà gli anni del regime e ha anticipato che «è quasi sicuro» che si farà una serie televisiva prodotta da Wildeside. Sulla scia di Panza? Erede, suo malgrado, di Renzo De Felice? Lettore di nascosto di Pisanò? Assolutamente no. Il suo lavoro, racconta l’autore, prende spunto dall’Opera omnia di Benito Mussolini di Duilio Sumsen, scrittore fiumano, autore insieme a Giorgio Pini di una biografia del Duce in quattro volumi. Ma anche dalla pubblicistica antifascista.
Sui social è una gara a chiarire, giustificare, minimizzare. “Attenzione, non è un’apologia”,“non è un libro encomiastico,” semmai un’ulteriore testimonianza letteraria degli “errori-orrori del Ventennio, della tirannide mussoliniana, della dittatura che portò alla guerra”. Insomma – si sperticano i progressisti doc, gli antifascisti con il pédigree, i sinceri democratici – “cari lettori, non cadete nella trappola, non vi fare ammaliare dal Figlio del secolo”. Non manca chi (da destra e non solo) sorride sornione agli sforzi, un po’ goffi, dei militanti post-comunisti e ironizza sull’ossessione antifascista che non passa, una malattia incurabile, sulla paura del rigurgito mussoliniano che, in questi pericolosi tempi salviniani, fa novanta. A qualcuno forse verrebbe voglia di embargare il volume di Scurati, magari un bel falò, ma poi verrebbe tacciato di essere un nazista-fascista. Non si può fare.
«È passata una vita, ma continuano a parlare, a esaltare o demonizzare, a raccontare e a fare soldi con l’idea che è stata e sarà la più audace, la più originale e la più mediterranea ed europea delle idee» è uno dei commenti da destra. «Dopo 74 anni dalla morte ancora si parla di “Lui”. Lo criticano, ma non riescono a ignorarlo» è il refrain dei commenti che corrono sul web. Forse nessuno ha letto il libro, nessuno l’ha mai sfogliato, ma basta il titolo per far discutere e dividere. In realtà Scurati, che dichiara di essere e restare un antifascista, non fa né un’operazione di apologia o revisionismo e neppure di cruda condanna. Ha letto Susmen, ha studiato, ha raccolto documenti fino a confezionare un tomo di ottocento pagine di sicuro appeal e dal titolo azzeccato inserendosi in una pubblicistica che non delude mai. Insomma parlare del Duce è una garanzia di riflettori accesi per mesi. A cento anni dai Fasci di combattimento gli italiani ancora litigano in un derby dal sapore calcistico perché il Figlio del fabbro, non si può negare, ancora “tira”. Seduce, fa indignare e riempie le librerie.