Interrogata Carola. Per la Procura ha agito con la volontà di far male

1 Lug 2019 20:28 - di Redazione

La capitana della Sea Watch, Carola Rackete, non è un’eroina: per la procura di Agrigento, la donna ha agito con la consapevolezza di far male. Opposta, ovviamente, la tesi difensiva:“Ho agito per stato di necessità, i migranti minacciavano il suicidio, non potevo attendere oltre. Per giorni ho chiesto alle autorità un porto sicuro, ma non ho mai avuto risposta”.

Davanti al Gip di Agrigento, la capitana Carola Rackete ha rivendicato ogni scelta fatta dal 12 giugno, il giorno che a 47 miglia dalla Libia ha soccorso una sessantina di migranti, fino alla notte del suo arresto, 17 giorni dopo, quando per l’ennesima volta ha violato i divieti della Guardia di Finanza ed ha attraccato di forza al molo di Lampedusa. E, come aveva già fatto rivolgendosi direttamente ai finanzieri, ha confermato che non aveva intenzione di far male a nessuno: “mi ero resa conto dell’ormeggio in banchina della motovedetta ma credevo sinceramente che i finanzieri si spostassero mentre io mi avvicinavo. Ho commesso un errore, non volevo colpirli”.

Tre ore di interrogatorio

L’interrogatorio della capitana della Sea Watch è durato poco meno di 3 ore: Carola è arrivata in tribunale ad Agrigento direttamente da Lampedusa, dove era ai domiciliari, con una motovedetta della Gdf che l’ha sbarcata sul molo di Porto Empedocle. E ha risposto al giudice, dicono gli stessi pm al termine, in maniera “collaborativa, serena ed estremamente lucida”. Il procuratore Luigi Patronaggio e l’aggiunto Salvatore Vella hanno chiesto la convalida dell’arresto sia per la violazione dell’articolo 1100 del codice della navigazione, atti di resistenza con violenza nei confronti di una nave da guerra, sia per resistenza a pubblico ufficiale. La procura ritiene che la manovra che ha provocato lo “schiacciamento” sulla banchina della motovedetta sia stata fatta “con coscienza e volontà”. “Non c’era uno stato di necessità poiché la Sea Watch aveva ricevuto, nei giorni precedenti, assistenza medica ed era in continuo contatto con le autorità militari per ogni tipo di assistenza” ha spiegato Patronaggio. Il procuratore ha anche precisato che lo stato di necessità invocato per il salvataggio dei migranti sarà invece al centro dell’altro fascicolo sulla vicenda, quello in cui la comandante è indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per il quale sarà sentita nei prossimi giorni. In questo caso i pm verificheranno se i porti libici possono ritenersi sicuri, se la zona sar libica sia efficacemente presidiata e, soprattutto, se vi siano stati contatti tra i trafficanti di esseri umani e la Sea Watch. Al momento, aggiunge ancora Patronaggio, è sufficiente per Carola il divieto di dimora in provincia di Agrigento, in particolare nei porti di Lampedusa, Licata e Porto Empedocle. “Abbiamo ritenuto, in relazione alle circostanze di questo caso e alla personalità del soggetto, che tale misura sia idonea a salvaguardare eventuali ulteriori esigenze cautelari”.

Sarà espulsa dall’Italia

Carola tornerà dunque in libertà già forse domani. Ma non resterà in Italia. “Siamo pronti ad espellere la ricca fuorilegge tedesca” ha ribadito Matteo Salvini che, subito dopo la decisione del Gip, firmerà il decreto di espulsione per motivi di sicurezza con l’accompagnamento in Germania della giovane capitana della Sea Watch. Per il ministro, comunque, le parole di Patronaggio “sono chiarissime: la fuorilegge tedesca merita il carcere”.

Commenti

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  • Mauro Cherubino 1 Luglio 2019

    Qualora, a seguito di opportune indagini giudiziarie, la Magistratura appurasse che la Signora Carola Rackete debba rispondere di reati in violazione delle Leggi della Repubblica Italiana troverei assai stolto concede l’estradizione. La politica necessita di pensieri lunghi.

  • GIUSEPPE 1 Luglio 2019

    che enorme pagliacciata…..