Fondi russi, Conte scarica tutto su Salvini: «Da lui nessuna informazione su Savoini»

24 Lug 2019 18:02 - di Michele Pezza

Chissà se, entrando nell’aula del Senato, Giuseppe Conte si aspettava di trovare il più desolante dei vuoti al posto dei senatori grillini. Un segnale di distanza che più esplicito non si sarebbe potuto all’indomani del suo “tradimento” sulla Tav. Oggi il premier doveva celebrare il suo “mercoledì da leoni”. Ma gli spalti dell’arena sguarniti del gruppo tuttora più numeroso e fino a ieri più vicino deve averlo convinto che la crisi è solo questione di tempo. Forse anche per questo il primo spunto offerto al cronista non riguarda il cosiddetto Russiagate, cioè il presunto giro di rubli transitato verso la Lega  per mezzo del faccendiere Gianluca Savoini, indagato per corruzione internazionale dalla procura di Milano, bensì le modalità con le quali si consumerà il futuro del governo.

Conte: «Palazzo Chigi sollecitato dallo staff del vicepremier»

Ma torniamo all’affaire russo, che è poi l’oggetto dell’informativa resa al Senato: sul punto Conte ha definito «non incrinato» il rapporto con Salvini, ma di fronte ai senatori non ha esitato a scaricargli tutte le responsabilità dell’accaduto. «Non ho ricevuto informazioni dal ministro competente», ha rimarcato in riferimento alla mancata risposta del titolare del Viminale alle richieste di chiarimenti della presidenza del Consiglio. Stessa musica sulla presenza del faccendiere alla cena con il presidente Vladimir Putin nel corso della sua recente visita in Italia: è vero che ad invitarlo fu Palazzo Chigi ma, ha aggiunto Conte, su indicazione di Claudio D’Amico, consigliere di Salvini per le attività strategiche di rilievo internazionale.

La sponda del premier con il Quirinale

Conte aveva esordito esprimendo «profondo rispetto» per il Parlamento aggiungendo che vi ritornerebbe «nel caso fosse costretto a chiudere anticipatamente la sua esperienza di governo». Una banalità solo a prima vista. In realtà un avvertimento a Salvini a non immaginare soluzioni extraparlamentari per un’eventuale crisi di governo. Ove mai il leader della Lega si decidesse ad aprirla – è questo il succo del ragionamento di Conte – lui non esiterebbe a “parlamentalizzarla” per rendere ben distinguibili le responsabilità. Un passaggio, quest’ultimo, che presuppone necessariamente l’avallo del Quirinale. Infine, i rapporti internazionali e la politica estera dell’Italia. «I nostri alleati – ha scandito Conte sono l’Unione europea e soprattutto gli Stati Uniti».

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