Flat tax, Tria resiste all'”assedio” della Lega: «Prima guardiamo i conti, poi si vedrà»
L’aut aut di Salvini a Tria (“se non si fa la flat tax o io o lui”) non sembra aver intimorito il ministro dell’Economia. Dal “bunker” del Mef continua a filtrare cautela. «Attenti ai conti, servono tagli alla spesa»: è questo il mantra di questi giorni. Il fatto è che Tria è mosso da esigenze diverse da quelle di Salvini. Se al vicepremier leghista interessa andare alla pausa estiva con l’impegno, tutto politico, sulla flat tax, al ministro dell’Economia preme invece verificare lo stato dei conti e poi decidere (non prima di settembre) le misure da inserire nella Legge di bilancio. Il taglio delle tasse dovrà seguire una «progressività di attuazione, secondo gli spazi fiscali che si creano». Più che a una flat tax, Tria pensa (d’accordo, pare, con Conte) a una leggera sforbiciata alle tasse da ottenere attraverso la riduzione delle aliquote da cinque a tre. La «progressività di attuazione» voluta dal titolare del Mef è cosa assai diversa dallo «choc fiscale» invocato da Salvini.
In questa complicata partita a due, si inseriscono, a complicare le cose, i pentastellati: il salario minimo da loro richiesto non è infatti a costo zero per l’erario.Iil costo per le imprese dell’introduzione della paga minima di 9 euro lordi l’ora sarebbe infatti compensato da un taglio dei contributi per la Naspi (indennità di disoccupazione) per 4-5 miliardi. Ma di “salario minimo” la Lega non vuol sentir parlare. La Legge di bilancio? Al momento è buio fitto.
Se non gli piace la tassa piatta perchè non si dimette.