Chi è Alessandra Vella, la gip che ha rimesso in libertà Carola. Contestata pesantemente sui social, ha chiuso il profilo Fb
Non si sa molto di Alessandra Vella, classe 1975, magistrato di Agrigento che ha rimesso in libertà Carola Rackete tra gli applausi della sinistra. Della giudice che ha mandato Salvini su tutte le furie si conoscono solo atti in riferimento ad episodi di cronaca.
Tra questi, come ricorda ilsussidiario.net, la convalida dell’arretso di un giovane che aveva sparato alla madre e il sequestro del parcheggio di Bovo Marina, nell’agrigentino, avvenuto lo scorso 25 giugno, pochi giorni fa, ritenuto abusivo in quanto allestito da privati in aree invece di proprietà pubblica.
Le critiche di Matteo Salvini
Matteo Salvini non si dà pace per la decisione del giudice agrigentino e non esita ad attaccarla frontalmente: “Avrei voluto vedere se a bordo di quella piccola motovedetta della Guardia di Finanza ci fosse stato qualche congiunto di qualche giudice se la sentenza sarebbe stata ugualmente generosa nei confronti di qualcuno che ha rischiato di uccidere”. E ancora giudica la sua decisione una “follia”: “Quindi la vita di un finanziere vale meno della vita di un clandestino: bella responsabilità che si prende il giudice. Non è indipendenza della magistratura, è follia”.
Si Twitter pioggia di critiche (e anche di insulti) per la Vella, definita il “gip rosso” che ha deciso di liberare una “criminale” e “amica degli scafisti”. Il gip Vella in effetti non si è limitata a decidere la scarcerazione della comandante della Sea Watch ma ha anche emesso una sentenza che va ad inficiare direttamente il decreto sicurezza bis che secondo Alessandra Vella “non è applicabile alle azioni di salvataggio”, in quanto riferibile solo alle condotte degli scafisti.
La gip Vella stamattina ha cancellato il suo profilo Facebook e poi si è recata al Palazzo di giustizia di Agrigento, evitando di commentare gli attacchi del ministro dell’Interno.
Ha guidato l’Anm di Agrigento
Originaria di Cianciana, piccolo paese della provincia di Agrigento, si è laureata in giurisprudenza a Roma. Tra i suoi primi incarichi quello di gip presso il Tribunale di Caltanissetta dove si è occupata anche di fatti importanti. Fino a due anni fa era alla guida dell’Associazione nazionale magistrati di Agrigento. Ad Agrigento si è occupata di molti casi, dalla morte di una bimba di tre anni schiacciata da una tv a reati contro la pubblica amministrazione. In passato è stata coinvolta in una querelle giudiziaria con l’avvocato agrigentino Giuseppe Arnone, arrestato lo scorso marzo al palazzo di giustizia di Agrigento dove era al lavoro. Lì i poliziotti della Digos avevano eseguito l’ordinanza di revoca dell’affidamento in prova ai servizi sociali nei confronti dell’ex ambientalista e in passato consigliere comunale nella città dei templi e più volte candidato a sindaco.
La parte dell’Ordinanza relativa alla questione “nave da guerra sì / nave da guerra no” è sbagliata alla radice e di questo dovrebbero tener conto i Procuratori per la sua tempestiva impugnazione.
Nella sua Ordinanza, la GIP del Tribunale di Agrigento ha escluso la ricorrenza dell’ipotesi delittuosa di cui all’articolo 1100 del Codice della Navigazione (Resistenza o violenza contro nave da guerra) sulla base di un ragionamento sbrigativo e inesatto, cioè – a suo dire – condividendo una opzione ermeneutica (ovvero: un’interpretazione) del Giudice delle Leggi.
Tale opzione ermeneutica sarebbe contenuta nella Sentenza della Corte Costituzionale n. 35/2000.
La GIP di Agrigento la riporta nel senso che le unità navali della Guardia di Finanza sarebbero da considerarsi navi da guerra solo “quando operano fuori dalle acque territoriali ovvero in porti esteri ove non vi sia una autorità consolare”.
La Sentenza richiamata è stata una decisione con cui fu ritenuto inammissibile un referendum che intendeva, abrogando alcune parti della Legge n. 189/1959, togliere il carattere di militarità alla Guardia di Finanza. La Corte Costituzionale sentenziò che il referendum proposto sarebbe stato incongruente e inidoneo a conseguire l’abolizione del carattere militare del Corpo della Guardia di Finanza, in particolare a causa della presenza di un vasto assetto normativo (punto 4 delle Considerazioni in Diritto) che sarebbe sopravvissuto alle abrogazioni.
All’interno di tale assetto normativo vi era e vi è, tra gli altri, l’articolo 200 del Codice della Navigazione, che la Corte Costituzionale cita così: quando operano fuori delle acque territoriali ovvero in porti esteri ove non vi sia un’autorità consolare [le unità navali in dotazione della Guardia di Finanza] esercitano le funzioni di polizia proprie delle “navi da guerra” e nei loro confronti sono applicabili gli articoli 1099 e 1100 del Codice della Navigazione (Rifiuto di obbedienza e Resistenza e violenza a nave da guerra).
Come si vede, al di là del fatto che la Corte Costituzionale non usa l’avverbio “solo” come invece fa la GIP, la stessa Consulta non opera un’interpretazione, ma una semplice citazione di una norma già esistente, senza esprimere una massima estraibile dalla Sentenza (cioè pronuncia quello che si dice un obiter dictum).
Ma vi è di più, e di aspetto decisivo: proprio perché la Corte Costituzionale non aveva bisogno in quel passaggio della Sentenza di esprimersi in maniera giurisprudenziale, la citazione della norma è per parafrasi e incompleta. Infatti l’articolo 200, primo comma, del Codice della Navigazione recita: in alto mare, nel mare territoriale, e nei porti esteri dove non sia un’autorità consolare, la polizia sulle navi mercantili nazionali è esercitata dalle navi da guerra italiane.
Si evidenzia: “nel mare territoriale”!
D’altronde è anche ovvio, sarebbe ben strano che una nave militare italiana possa esercitare funzioni di polizia in alto mare, e in porti esteri sotto condizione, ma non nelle acque territoriali!
L’esclusione della contestazione dell’articolo 1100 del Codice della Navigazione si è quindi basata “solo”, e qui ci sta, su una lettura sghemba di una Sentenza della Corte Costituzionale, di una sua parte che non è “massimabile”, e sulla base di una norma non interamente citata, che viceversa afferma l’esatto contrario di quanto affermato dalla GIP!
è vergognoso che: una minoranza di magistrati sinistrorsi regolarmente adottino decisioni con una interpretazione delle leggi abnorme, creativa e strumentale alle loro opinioni politiche.
è inaccettabile che ciò avvenga , soprattutto dal 1994 ad oggi , soprattutto quando al governo del paese ci sia una maggioranza alternativa alla sinistra.
è tempo di una riforma radicale della magistratura ove il pm sia sottoposto al governo (come in tutto il mondo) e i giudici siano sempre affiancati da una giuria popolare che a maggioranza decida, altrimenti siamo in presenza di un contropotere che sfugge al controllo democratico