Carabiniere ucciso, parla il “fornaio” di Campo de’ Fiori: «Ci hanno strappato il nostro Angelo custode»

26 Lug 2019 18:06 - di Elsa Corsini

«Sono sconvolto. Mario non era solo un mio caro amico, ma per tutti noi era l’Angelo custode di Campo de’ Fiori. Adesso ce l’hanno strappato». Non trattiene le lacrime Fabrizio Roscioli, 55enne titolare del forno di famiglia che gestisce dal 1970 nella pittoresca piazza del centro storico capitolino, intervistato dalla Adnkronos. Al carabiniere Mario Cerciello Rega (in forze alla stazione dei carabinieri di piazza Farnese), ucciso a coltellate questa notte a Roma, lo lega un’amicizia decennale. Lo aveva visto l’ultima volta poco più di un settimana fa. «Dieci giorni fa – Roscioli – verso l’ora di pranzo s’era affacciato al forno, come faceva sempre. “Tutto bene, Fabrì?”. Poi come al solito si è preso un pezzo di pizza rossa con la mozzarella, la sua preferita, ed è tornato al lavoro in strada».

Fabrizio tiene a sottolineare all’agenzia di stampa e a chi non ha conosciuto il carabiniere ucciso da un balordo mentre faceva il suo dovere che Mario era una persona particolare. «Meraviglioso: un uomo buono, onesto, garbato, educato, sempre attento al prossimo». I due si erano conosciuti per le loro attività lavorative fino a diventare amici. «La sera spesso andavamo a cena insieme, m’aveva anche invitato al suo matrimonio ma non ci sono potuto andare per un imprevisto. Poim quando alcuni mesi fa ha saputo che avevo fatto da poco il trasloco,  mi ha rimproverato di non averglielo detto per tempo, perché voleva aiutarmi». Non c’è da sorprendersi. Il vicebrigadiere dei carabinieri era un gran lavoratore, un bravo figlio del Sud.

«Era uno che nei giorni di riposo tornava in Campania dal padre e si metteva a lavorare la terra col trattore. E poi come professionista era eccezionale». Girava sempre in borghese – racconta Roscioli – era silenzioso, attento alle dinamiche del territorio. Lui ci difendeva dallo spacciatore, dal borseggiatore, da tutta quella microcriminalità che inficia negativamente la vita del cittadino. Anche tramite il suo lavoro dimostrava un altruismo raro». Da buon napoletano, Mario impazziva letteralmente per la pizza Margherita: «Ogni sera quello che avanza sul bancone lo porto alla stazione di piazza Farnese, Mario, se aveva ancora da lavorare e non poteva mangiarla, appena vedeva la busta con la pizza rossa con la mozzarella la “sequestrava” e la nascondeva in un cassetto. Nessuno poteva mangiarla senza di lui – conclude commosso il colloquio con l’agenzia – per me era prima di tutto un amico. Ma Mario mancherà a tutti, esercenti e residenti. Lui era il nostro Angelo custode, l’Angelo di Campo de’ Fiori».

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