Strage di Bologna, quell’interruttore ritrovato potrebbe ribaltare la tesi della strage fascista

30 Giu 2019 11:04 - di Redazione
Strage Bologna

La scoperta dei tecnici incaricati di una nuova perizia sull’esplosivo usato a Bologna il 2 agosto del 1980 potrebbe definitivamente affossare la tesi della “strage fascista”: lo scrive il sito di Adnkronos in un lungo servizio che ricostruisce l’ultima scoperta riguardante la strage di Bologna: un interruttore, del tutto simile a quello che venne ritrovato nella valigia della terrorista del gruppo di Carlos Christa Margot Frolich a Fiumicino nel 1982, che potrebbe aver costituito l’innesco della bomba.

Si tratta di un interruttore elettrico di tipo “on-off” – sul quale è stata ritrovata l’”impronta” dell’esplosivo – incompatibile non solo con qualsiasi deviatore presente nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna dove venne posizionata la valigia contenente l’ordigno ma, anche, con materiale appartenente alle Ferrovie.
Per i periti, l’interruttore è compatibile con un interruttore di sicurezza artigianale realizzato da chi ha costruito l’ordigno e utilizzato per evitare l’esplosione durante il trasporto. Ma, trattandosi di un congegno artigianale, sarebbe stato difettoso.

La scoperta fa tornare in auge quanto affermato da Francesco Cossiga in un’intervista del 2008:  “La strage di Bologna è un incidente accaduto agli amici della ‘resistenza palestinese’ che, autorizzata dal ‘lodo Moro’ a fare in Italia quel che voleva purché non contro il nostro Paese – disse l’ex-ministro dell’Interno – si fecero saltare colpevolmente una o due valigie di esplosivo”. In definitiva l’ordigno all’interno della valigia sarebbe esploso accidentalmente mentre veniva trasportato.

Un dato che va collegato – ricorda il servizio Adnkronos – alla presenza accertata a Bologna in quei giorni di terroristi del gruppo dinamitardo di Carlos Lo Sciacallo, Thomas Kram e Christa Margot Frolich. Anche perché i periti mettono in relazione la strage di Bologna a due attentati compiuti da Carlos in Francia, in particolare quello di Saint Charles del 31 dicembre 1983.

Peraltro, meno di due anni dopo, il 18 giugno 1982, Christa Margot Frolich verrà fermata e arrestata  all’aeroporto di Fiumicino nel corso di un controllo mentre trasporta una valigia contenente, all’interno di un doppiofondo, 3 chilogrammi e mezzo di miccia gommata verde, composta da Pentrite prodotta nei Paesi del Patto di Varsavia, oltre a un timer, una sveglietta a batteria marca Emes dalla quale fuoriuscivano due fili elettrici, due detonatori elettrici in alluminio e un oggetto, una staffa semicurva con un interruttore identico a quello trovato dai periti di Bologna.

La pista palestinese, che rappresenta l’alternativa più credibile alla tesi della strage fascista,  viene rilanciata anche da Nottecriminale.news in un’intervista all’ex agente segreto della rete Gehlen  Adriano Monti, oggi 89enne, nome in codice Siegfried, autore del libro”Servizi discreti”(Luni editore):  “La strage di Bologna non è stata una strage voluta e io ho avuto questa rivelazione da Abu Omar morente nell’ospedale di Gaza, che non aveva alcun motivo di mentirmi. Mi rivelò che c’erano due rappresentati palestinesi dell’Olp, terroristi vicini ad Abbas, che quel giorno trasportavano due valigie piene di un nuovo esplosivo fornito dai cecoslovacchi che poteva essere fatto esplodere con onde radio. Allora ancora non c’erano gli inneschi elettronici a distanza, come oggi, ma questi avevano già escogitato questo sistema, anche se rudimentale”.

 

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