Pd, i renziani contro Zingaretti. E Calenda sbotta: «Che palle ‘sto partito»

16 Giu 2019 17:31 - di Giovanna Taormina

Nicola Zingaretti sceglie la segreteria del Pd senza renziani e scoppia il putiferio. La squadra è formata da quindici persone, 8 uomini e 7 donne. Nessuno dei quindici componenti è espressione delle minoranze, il segretario ha fatto piazza pulita degli avversari e al suo fianco ci sono solo i vincitori. L’unica eccezione è rappresentata da Maurizio Martina suo sfidante alle primarie che ha avuto l’incarico di occuparsi della riforma dello Statuto dem. Coordinatore sarà Andrea Martella, vicesegretari Andrea Orlando (vicario) e Paola De Micheli; Marco Miccoli sarà il capo della segreteria politica del segretario. Poi c’è la lunga sfilza degli altri incarichi.

Pd in guerra

Il primo ad insorgere è stato il capogruppo dei senatori Pd, Andrea Marcucci che su Twitrter ha scritto: «La segreteria del Pd resa nota da Zingaretti non assomiglia al partito del noi. Vedo un’unica matrice identitaria in un partito che è nato per valorizzare i riformismi. È una scelta che non condivido». Ma le più forti polemiche sono arrivate da Assisi dove si è riunita la componente di Roberto Giachetti. Luciano Nobili, presidente dell’associazione Sempre Avanti non ha peli sulla lingua: «Si parla di nuovo Pd, Zingaretti ci spieghi come funziona: vedo tanta nostalgia del passato, uno sguardo indietro alle gioiose macchine da guerra. Non vedo novità, solo un vecchio, insopportabile giustizialismo». Un attacco al “giustizialismo” dopo il passo indietro di Luca Lotti, coinvolto nel caso del Csm, nelle intercettazioni sul mercato delle nomine per la procura di Roma e non solo. «L’unica cosa nuova nel Pd – ha detto ancora Nobili – è una minoranza che non fa il fuoco amico su chi ha vinto il congresso, diversamente dal passato. Ma la nostra lealtà ha un limite che si chiama pazienza».

Duro Matteo Rosato, vicepresidente della Camera: «Se partiamo dal principio che la politica richiede leadership, io dico che di leadership in giro se ne vedono tante ma di quelle che muovono il Paese ne ho vista una»: e il riferimento chiaro è a Matteo Renzi. E ancora: «Ci siamo messi tutti insieme – D’Alema, Bersani, Casini, Calenda, Pisapia – e dopo un anno di opposizione abbiamo preso tre punti e mezzo in più. Allora lo dico con preoccupazione, perché i nostri avversari hanno superato il 48%, quindi prendiamo atto che c’è un problema e che la politica non è solo testimonianza». Ha parlato poi l’ex ministra Maria Elena Boschi. «La segreteria ha un ruolo importante ma nessuno di noi ha chiesto uno strapuntino o posti. Non c’è nessuna polemica con le scelte di Zingaretti, al quale auguriamo buon lavoro – Il segretario ha fatto una scelta legittima, nominando solo uomini e donne che lo hanno sostenuto al congresso». Carlo Calenda non ha nascosto la sua irritazione per le divisioni nel partito e su Twitter ha scritto: «Facciamola finita con questo cazzeggio. E quando vince Renzi lo sabotano da sinistra e quando vince Zingaretti si incazzano gli altri. Che palle ‘sto partito. Ma andiamo a fare opposizione».

Le critiche si spostano da Assisi al web

Alessia Morani sul blog di Huffington ha scritto: «Quando Nicola Zingaretti si è presentato come il segretario dell’unità ci abbiamo creduto un po’ tutti. Ci hanno creduto anche i nostri elettori che hanno premiato questo rinnovato spirito inclusivo. Purtroppo il nuovo Pd è malato di propaganda. La segreteria varata da Zingaretti ne è la prova più palese: è l’esercizio di bullismo correntizio più potente mai visto dalla nascita del Partito Democratico». E ancora: «Quel “nuovo” Pd che vede ai vertici persone che sono state per moltissimi anni in Parlamento e nella segreteria nazionale o in ruoli apicali dello stesso Pd, che sono sopravvissute allo spoil system del correntismo malato del Pd perché capaci di riposizionarsi sempre e comunque. Oggi – conclude Morani – sono proprio queste correnti in eterna maggioranza a condizionare ogni scelta del segretario».

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