Il paladino anti-cannabis è il questore di Macerata: «Chiuderò gli shop uno ad uno»

1 Giu 2019 12:31 - di Redazione

All’indomani della clamorosa sentenza della Cassazione che mette fuori legge la vendita di cannabis light e derivati, arriva la prima stretta delle forze dell’ordine sui cannabis shop che ormai pullulano in tutte le città italiane con le insegne di foglie di canapa che attirano gli adolescenti Nel verdetto emesso dai giudici si specifica che la legge non consente la vendita o la cessione a qualunque titolo dei prodotti “derivati dalla coltivazione della cannabis”, compresi l’olio, le foglie, le inflorescenze e la resina. Stando alla lettera della sentenza, dunque, gli ottocento negozi aperti in tutta Italia se commerciano foglie, infiorescenze, olio e resina ottenute dalla pianta di Canapa Sativa, la cosiddetta light sono destinati a scomparire.

I commercianti minacciano la class action

I più preoccupati, neanche a dirlo, sono i titolari dei cannabis shop e quelle associazioni di categoria, commercianti e agricoltori che hanno investito negli ultimi anni sul business della canapa e ora temono di vedere andare in fumo i loro guardagni. A lanciare la crociata annunciando una class action è il titolare di uno shop di Sanremo. «Ho chiuso la pizzeria per avviare questa nuova attività, ci vorrebbero mettere sul lastrico dall’oggi al domani e senza colla. Come mettere al bando bevande analcoliche per combattere l’alcol», si sfoga a nome dei colleghi del Cannabis Amsterdam Store. A Milano i titolari dei negozi stanno organizzando una grande manifestazione in piazza.  «Sono d’accordissimo – gli fa eco da Roma Paolo Molinari, presidente dei Confcanapa – partiamo dalla raccolta firme per promuovere un settore che dà posti di lavoro e mettiamo insieme chi sta perdendo i soldi». Molti negozi però hanno giò abbassato la saracinesca, altri, per evitare guai con la giustizia, hanno tolto dagli scaffali i prodotti più “pericolosi” lasciando solo lecca lecca, bevande e gadget con la foglia di ‘marià.

Il modello Macerata fa paura

Il questore di Macerata, Antonio Pignataro, rafforzato dalla sentenza, continua la sua crociata contro grow shop e cannabis light, ( ieri è stato chiusi un altro negozio a Civitanova Marche) e spiega che i negozi «non chiuderanno per effetto della sentenza, ma non dovranno vendere infiorescenze, oli, resine, foglie», in caso contrario integrano gli estremi del reato di detenzione a scopo di spaccio di sostanze stupefacenti. «Gli shop insomma potranno continuare a vendere prodotti senza thc, il principio attivo della cannabis, biscotti, dolci, magliette. Ma senza la vendita di infiorescenze ci sarà un minore margine economico e gli shop chiuderanno perché non ci sarà più convenienza da parte dei titolari». Poi spiega l’origine della sua battaglia di controllo sul territorio: «Quando nell’aprile 2018 vennero da me due genitori in lacrime perché  il loro figlio da quando avevano aperto questi negozi era caduto in catalessi e non studiava più, promisi loro che avrei studiato la materia e che li avrei chiusi uno a uno». Quello che il ministro Salvini ha chiamato “modello Macerata” è  il frutto di una collaborazione molto stretta tra le autorità di polizia e la magistratura «Abbiamo trovato un procuratore eccezionale Giovanni Giorgio (lo stesso che ha guidato l’inchiesta per la morte di Pamela Mastropietro )– ha spiegato Pignataro – che insieme ai suoi sostituti mi hanno offerto una consulenza straordinaria sono stati per me una guida che mi ha permesso di chiudere tutti i negozi in provincia».  Chiusure e sequestri che hanno generato le proteste dei commercianti e la comparsa di frase minacciose su alcuni muri del centro di Macerata destinate proprio al questore che oggi ringrazia le comunità’ Incontro e San Patrignano e il vescovo di Macerata Nazzareno Marconi «perché in momenti delicati mi sono stati vicini . La decisione della cassazione – conclude Pignataro – e’ un’altra dimostrazione che quando ci sono impegno e professionalità tutta la squadra può raggiungere importanti obiettivi».

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