Da “Che de’ noantri” a picconatore, Di Battista bacchetta i Cinquestelle

16 Giu 2019 18:53 - di Redazione

Il M5S ha il suo picconatore: Alessandro Di Battista. Per carità, niente a che vedere con il ben più illustre e blasonato precedente del presidente emerito Cossiga, ma senz’altro un emule che, per quanto lontano dalla statura dello statista democristiano, prova a emergere in qualità di messia e mentore: e in quanto a eminenza grigia, forse, l’unica cosa che non ha da invidiare è proprio il grigiore delle vesti decisamente logore da fustigatore dei costumi movimentisti che ha scelto di indossare, e con cui prova a sfilare sulla passerella mediatica dopo i mesi di ritiro sull’Aventino americano e sud-americano…

Di Battista fa la ramanzina al Movimento, nessuno escluso: tutto in un libro

E così, il “Che Guevara dei noantri”, al giornale amico, Il Fatto quotidiano, anticipa alcuni stralci del suo libro, in uscita il 17 giugno, una sorta di pistolotto senza sconti  indirizzato al suo movimento. Una ramanzina che, senza se e senza ma, bacchetta tutti senza esclusione di colpi: a partire dai suoi ex commilitoni dell’opposizione, passati ora dall’altra parte della barricata al governo. e allora, come riferisce tra gli altri in queste ore il sito de Il Giornale, «Il Fatto quotidiano dà un assaggio, oggi in anteprima, del nuovo lavoro di Alessandro Di Battista: «Ho visto paura, paura ovunque. Paura di sembrare “politicamente scorretti” una volta diventati Istituzione; paura di attaccare la Lega sui 49 milioni rubati; paura di essere calunniati dal sistema mediatico come se non fossimo cresciuti e non ci fossimo rafforzati anche grazie a tutto quel fango; paura di apparire, ancora una volta, novellini inesperti. Ma combattere per la verità è un’impresa titanica. Eppure è l’unico modo per lottare per il cambiamento».

Di Battista affida all’iniziativa editoriale la sua invettiva contro colleghi di palazzo e militanti nelle retrovie

Un po’ Messia movimentista, un po’ Cassandra di giornata, Alessandro Di Battista affida all’iniziativa editoriale la sua invettiva contro colleghi di palazzo e militanti nelle retrovie a una serie di picconate che, tra rimandi mitologici e toni epici, ha un primo risultato già raggiunto alla vigilia dell’uscita del volume intitolato “Politicamente scorretto“: strigliare tutti, nessuno escluso, e ergersi a nume tutelare di un partito – già movimento – allo sbando. «Non abbiamo perso le elezioni perché i media hanno raccontato falsità alla pubblica opinione. Le abbiamo perse perché noi e soltanto noi abbiamo creduto a quelle menzogne e per tentare di confutarle ci siamo via via trasformati in burocrati rinchiusi diciotto ore al giorno nei ministeri. Mentre Salvini al Ministero non ci stava quasi mai», tuonano le anticipazioni del libro di Dibba nel tentativo di dare una spiegazione alla debàcle elettorale delle europee del 27 maggio scorso. «Le strategie lasciamole ai politicanti, se entriamo nel loro campo ci fanno a pezzi», prosegue l’autore incurante del mal di pancia che sa di scatenare tra i suoi e forte di un ruolo da consigliere in pectore e nume tutelare a metà tra la tragedia greca e la farsa…

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