WhatsApp ammette: «Telefoni infettati da un virus spia. Fate l’aggiornamento»

14 Mag 2019 13:36 - di Natalia Delfino

Una società privata israeliana, un numero imprecisato di vittime «selezionate», un servizio di messaggistica istantanea che conta 1,5 miliardi di utenti. WhatsApp ha ammesso di aver subito un attacco hacker e la vicenda ha tutti i tratti della più allarmante spy story: il virus iniettato negli smartphone è stato in grado di accedere a fotocamera, microfono, chiamate, chat criptate, a tutti i sistemi operativi insomma, senza lasciare traccia. Per attivarlo è bastata una chiamata, anche non risposta. Ad ammettere la falla è stata la stessa società di proprietà di Facebook, dopo un report sulla vicenda pubblicato dal Financial Times.

WhatsApp ammette l’attacco

WhatsApp ha parlato di «un numero selezionato» di vittime, escludendo di fatto l’attacco su larga scala, ma non ha quantificato le vittime. In compenso, ieri ha rilasciato un aggiornamento rivolto a tutto il miliardo e mezzo di suoi utenti. L’invito è a scaricarlo in via precauzionale in modo da mettersi al riparo dal programma spia, che ha evidenziato una «vulnerabilità spaventosa», secondo quanto sostenuto da John Scott-Railton, un ricercatore del Citizen Lab di Internet Watch, gruppo contattato dalla stessa WhatsApp. «Abbiamo contatto Citizen Lab e gruppi impegnati per i diritti umani, risolto il problema e pubblicato un aggiornamento del software», ha fatto sapere la società, spiegando di aver contattato anche il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti e rivendicando che sono stati i suoi stessi tecnici ad accorgersi, a inizio maggio, del problema, mentre stavano lavorando sulla sicurezza delle chiamate vocali.

La società israeliana sospettata di spionaggio

Lo spyware «ha tutti i tratti distintivi di una compagnia privata, nota per le sue collaborazioni con alcuni governi e per rilasciare spyware in grado di prendere il controllo dei sistemi operativi», ha detto un portavoce di WhatsApp, mentre è stato il Financial Times a sostenere che il virus spia sarebbe stato prodotto dalla società israeliana Nso Group, che in passato sarebbe stata implicata proprio in casi di spionaggio attraverso gli smartphone di soggetti impegnati a vario titolo nel campo dei diritti umani, dagli avvocati agli attivisti fino ai giornalisti, fra i quali – sostiene il quotidiano statunitense – anche Jamal Kashoggi. Accusa respinta da Nso Group che ha sostenuto di non avere alcun ruolo nella gestione del suo software spia che sarebbe appannaggio esclusivo di «agenzie di intelligence e forze dell’ordine», dunque di strutture governative.

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