Sono oltre 8 milioni gli italiani a basso reddito o non autosufficienti senza più cure
Malati cronici, a basso reddito o non autosufficienti. Sono 8,1 milioni gli italiani (13,5% del totale) che oggi “non hanno più la possibilità di essere assistiti dallo Stato nei loro percorsi di cura e il trend non sembra rallentare. Introducendo in modo organico un “secondo pilastro sanitario integrativo” si raddoppierebbe il diritto alla salute degli italiani che non sarebbero più costretti a subire le lunghe attese del Servizio sanitario nazionale”. È l’analisi di Roberto Vecchietti, amministratore delegato e direttore generale di Rbm assicurazione salute, nel suo libro presentato oggi alla Camera La salute è un diritto. Di tutti (edizioni Egea). “Il Ssn negli ultimi 10 anni ha infatti ridotto la propria capacità assistenziale di oltre il 10% (dal 97,6% all’86,5%). A farne le spese sono stati appunto 8,1 milioni di italiani, prevalentemente i cittadini già ammalati (i cronici, in particolare) – sottolinea Vecchietti – quelli a basso reddito, le donne e i non autosufficienti. In quest’ottica a essere a rischio è la stessa funzione storica di coesione sociale del Ssn per effetto di un contingentamento progressivo delle risorse, che alimenta un ricorso crescente al pagamento di tasca propria delle cure da parte dei cittadini e disuguaglianze territoriali sempre più marcate”. Secondo Vecchietti, che nel libro delinea anche alcune soluzioni, è “cruciale pianificare un robusto tagliando del Ssn che affronti strutturalmente i temi del finanziamento, della qualità e dell’accessibilità delle cure per recuperare le quote di universalismo perdute in questi anni e ripristinare la capacità redistributiva del sistema. È necessario – prosegue Vecchietti – promuovere quindi una cultura del secondo pilastro anche in sanità, da aggiungere al Ssn, per realizzare un sistema più sostenibile, più equo e più inclusivo in grado di garantire una risposta sicura per la nostra salute e per quella delle generazioni future. È indispensabile considerare la salute non più come un costo, ma come un investimento favorendo l’empowerment e la responsabilizzazione dei cittadini, puntando su una riorganizzazione del modello di erogazione delle prestazioni sanitarie e supportando politiche di prevenzione diffusa”.