Praticava operazioni di circoncisioni rituali, medico arrestato a Bolzano per peculato
Praticava operazioni di circoncisione rituale (“eseguibili solo con ricovero in Day Surgery ed oneri a carico del paziente per un contributo di 897 euro”) su minori, “attestando falsamente che l’intervento chirurgico fosse necessario a seguito di diagnosi di fimosi serrata ovvero prepuzio esuberante e fimosi”. Per questo motivo oggi i carabinieri del Nas di Trento hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessa dal Gip del Tribunale di Bolzano nei confronti di un medico chirurgo in servizio presso un ospedale pubblico altoatesino. Il medico indagato è ritenuto responsabile “dei reati di peculato, falsità ideologica e truffa aggravata in danni del Servizio sanitario della Provincia autonoma di Bolzano”. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica locale, hanno permesso di accertare che il dirigente medico, “a partire dal 2015, ha eseguito diverse operazioni di circoncisione rituale”. In queste occasioni, il medico “si faceva consegnare arbitrariamente dai familiari, per ciascun paziente, un importo di circa 300 euro”. L’indagine nasce da una segnalazione della Direzione ospedaliera, scattata in seguito a varie comunicazioni interne sulla condotta anomala del professionista: la Direzione ha informato la Procura della Repubblica di Bolzano, “avviando nel contempo un procedimento disciplinare nei confronti del medico – ricostruiscono i Nas – procedimento sospeso per non inficiare lo svolgimento dell’indagine giudiziaria”. Nel corso dell’attività investigativa, svolta anche in collaborazione con diverse stazioni carabinieri dell’Alto Adige e con il Reparto operativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Bolzano, sono stati interrogati numerosi genitori dei pazienti sottoposti a questo tipo di operazione, 14 dei quali hanno confermato “l’assenza di patologie” e la consegna di denaro in contanti “per ottenere la circoncisione destinata a finalità rituali”, continua la nota del Nas. L’emissione della misura restrittiva “si è resa necessaria dal momento che il medico si è attivamente adoperato – concludono i militari – per inquinare le fonti di prova e suggerire ai propri pazienti versioni fuorvianti dei fatti da fornire agli inquirenti”.