Pd nel caos, Zingaretti teme il “Nicola, stai sereno”. Calenda pronto al redde rationem
Prendere tempo. Almeno fino a dopo i ballottaggi. Nel Pd si sceglie la strategia attendista per non affrontare il nodo dei dissidi interni alla vigilia di un voto, quello del 9 giugno, considerato cruciale. A ballare, più che il consenso, è la segreteria di Nicola Zingaretti, che ha bisogno di un buon risultato per puntellare una posizione sempre sotto la costante sassaiola dell’asse Renzi-Calenda. Perché ha un bel ripetere il neo leader che «il 22,7% ci fa dire che il Pd ha scampato il pericolo dopo un anno difficilissimo alle spalle», come ha fatto davanti alla direzione del partito di ieri sera. Il futuro si prospetta ancora difficilissimo e messo a rischio dalla continua guerriglia interna. Con un rischio scissione sempre dietro l’angolo.
Zingaretti evita il confronto in direzione
Il voto delle europee non ha rinforzato la posizione di Zingaretti, che ancora si ritrova sempre a dover inseguire l’agenda dettata dall’area renziana. Per quanto si impegni a cercare di parlare di organizzazione e programmi, il segretario finisce sempre schiacciato sul tema dell’allargamento al centro, dell’idea del partito liberal che Carlo Calenda sembra utilizzare più in chiave strumentale che realmente programmatica. «Io non abbandono affatto l’idea di una vocazione maggioritaria. Intanto concentriamoci sul Pd, eviterei di guardare solo in una direzione», è costretto a ribadire di continuo Zingaretti, che per evitare che anche la direzione fosse dominata dai principali avversari interni e dalle minoranze ha optato per l’escamotage suggerito da Roberto Giachetti: «Non ha senso fare una discussione tra noi sull’analisi del voto e sulla direzione da prendere a una settimana da ballottaggi cruciali. Ora sosteniamo i nostri candidati, poi discuteremo».
Nicola, stai sereno
Redde rationem rimandato di una decina di giorni ancora, dunque. Ma non per questo pax zingarettiana ripristinata. La sassaiola politica continua e poco male (forse, per alcuni, meglio) se rischia di incrinare la flebile ripresa vantata dal Pd. «Il segretario ha chiarito che per lui il punto è che il Pd mantenga la vocazione maggioritaria, quindi l’obiettivo del Pd è superare il 40 per cento alle elezioni politiche. La scelta è sua, è l’amministratore delegato. Se condivido la scelta? Penso di no, ma mi ci rimetto, perché io vengo dalle aziende e quando lavoravo in Ferrari, se andavi dall’amministratore delegato a dire che la strategia secondo te era sbagliata e lui diceva che era giusta, ti rimettevi a quella decisione», ha detto Calenda ad Agorà su Rai3, aggiungendo però che «bisogna capire come costruire una coalizione più ampia. A mio avviso c’è un pezzo di elettorato molto significativo, che è un elettorato cattolico democratico, liberal democratico che il Pd lo vota con difficoltà, ed era un po’ il progetto di Siamo europei, quello di costruire questa grande coalizione. Questo dev’essere l’obiettivo, dobbiamo farlo insieme. Ovviamente non lo farò mai facendo una scissione, perché sono nel Pd, ho preso i voti anche del Pd». Un po’ come dire: “Nicola, stai sereno”.