L’Anpi chiede di perseguire chi va a Predappio alla tomba del Duce. E gli innocenti trucidati dai partigiani?

8 Mag 2019 16:48 - di Antonio Pannullo

Negano la storia, negano la verità: e soprattutto si disperano perché la pubblicistica da anni sta mettendo in luce le zone d’ombra della ferocia partigiana compiuta su persone inermi. E per sfogare la loro rabbia chiedono di perseguitare chi va a onorare i defunti: oggi la presidente dell’Anpi, Carla Nespolo, ha scritto al procuratore capo di Forlì, Maria Teresa Cameli, chiedendo una “risposta giudiziaria” alle molte commemorazioni che si svolgono a Predappio, città natale di Benito Mussolini, ultima in ordine di tempo quella del 28 aprile scorso, anniversario della morte del duce. “A fronte dell’ennesimo sfregio dei valori rappresentati dalla nostra Costituzione – scrive Carla Nespolo – l’Anpi evidenzia l’esigenza di una pronta risposta da parte dell’Autorità giudiziaria all’allarmante fenomeno rappresentato dai neofascismi che, con sempre maggior frequenza, pongono in essere pubblicamente condotte di apologia del fascismo, oltre a offendere la memoria delle migliaia di vittime del passato regime”. La presidente dell’Anpi ricorda i casi precedenti, tra cui la manifestazione del 28 ottobre scorso, per celebrare l’anniversario della marcia su Roma, per la quale l’Associazione aveva presentato un atto di denuncia-querela, “evidenziando come l’aver autorizzato o l’aver partecipato a una simile manifestazione costituisca un’evidente violazione della XII disposizione di attuazione della Carta costituzionale che vieta la riorganizzazione del partito fascista”. L’ignoranza è tanta: la costituzione, scritta peraltro in periodo di guerra civile e certamente con gli animi non sereni, vienta la ricostituzione del disciolto Partito fascista, ossia proprio quel Partito fondato da Mussolini, e non tutti i partiti che secondo qualcuno sono “fascisti”. E chi lo decide? Lo scorso 28 aprile, a giudizio dell’Anpi, “si è trattato dell’ennesima sfilata di camerati in camicia nera che hanno esposto i simboli dell’odio (fasci littori, celtica, uniformi e vessilli neri) e hanno dato scena al solito rituale, con centinaia di braccia alzate e di mani tese nel saluto romano, ripetuto più volte, e il consueto presente gridato all’unisono davanti alla tomba di Mussolini”. L’ignoranza è davvero tantas: il fascio littorio è un simbolo della storia degli antichi romani, la croce celtica non è un simbolo né fascista né nazista, lo si può trovare nei cimiteri irlandesi, che certo non sono luoghi di odio. Ma non si arrendono: un comportamento, denuncia Nespolo, “ancor più grave se si considera il particolare momento storico che viviamo, in cui tali manifestazioni forniscono l’occasione ai gruppi di estrema destra per propagandare le proprie odiose idee xenofobe e fasciste in aperta violazione dei principi democratici”. Da qui l’esposto al procuratore di Forlì, “affinché voglia assumere le iniziative più opportune a tutela dell’interesse collettivo”. Ora ci aspettiamo che l’Anpi chieda di fare luce sui fratelli Govoni, su Jolanda Crivelli, su Adriano Visconti, su Giovanni Gentile e sulle altre decine di migliaia di vittime innocenti trucidate alla furia partigiana. Solo allora potrà parlare.

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