La profezia di Giorgetti: «A giugno verrà la grandine. E i più deboli cadranno»

23 Mag 2019 10:36 - di Stefania Campitelli

«Se si continua così si va a sbattere». Giancarlo Giorgetti, deus ex machina della Lega e braccio destro di Salvini, ma soprattutto sottosegretario alla presidenza del Consiglio, vede buio fitto nello scontro ormai frontale tra Lega e 5Stelle che porterà il governo al capolinea «se non si ritrova l’affiatamento». Dopo lo sfogo alla stampa estera nel quale fotografa un governo «che vive nell’immobilismo» e lascia intendere di essere pronto a lasciare («se l’esecutivo non farà le cose che la gente si aspetta), nel colloquio al Corriere della Sera la profezia è ancora più nera: «In giugno verrà la grandine. E i più deboli ed esangui saranno i primi a cadere…».  Ma non è solo un presagio elettorale e un avviso di sfratto ai pentastellati. Il quotidiano di via Solferino fa notare che «è difficile capire se o si riferisca soltanto alle decisioni che verranno prese nella Commissione Ue il prossimo 5 giugno, quando entrerà nel vivo la discussione sulla procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per eccesso di debito». 

Giorgetti all’attacco: dopo il voto la grandine

«Ma non si accorgono del clima, non lo sentono? Io ci vado nelle aziende, vedo gli impianti, le vedo le persone che si fanno un culo così per starci dentro… E noi? Noi siamo sempre lì, con ‘ste questioni…», dice Giorgetti che da giorni ha abbandonato i panni di pompiere per indossare quelli del grillo parlante. Il riferimento è alle continue baruffe e all’ultima provocazione di Di Maio che accusa la Lega di voler tornare al passato con Berlusconi. La dimostrazione che gli italiani sono stanchi di questa politica?  La standing ovation della platea di Confindustria al presidente Sergio Mattarella e la reazione fredda riservata ai rappresentanti del governo. «Lo vedete? — dice Giorgetti — c’è un clima come quello appena prima dell’arrivo del governo Monti…». Insomma se non si cambia marcia sono guai: «Perché se le cose non cambiano davvero, allora sì che il cambiamento rischia di diventare rivoluzionario».

Se arriva il plebiscito Conte è a rischio

Rimboccarsi le maniche e lasciare perdere i sondaggi e le previsioni trionfalistiche del voto europeo. «Trenta per cento della Lega? Se così fosse, offro champagne a tutti». Ancora più eplicito sull’ipotesi di rimpasti di governo dopo il 26 maggio, se il governo implode si deve tornare al voto.  Di questi discorsi da Prima Repubblica, di discussione sulle poltrone, a nessuno frega zero».  Quanto alla possibilità di sfondare il patto di stabilità, a Giorgetti viene «da sorridere a parlare di un numero che di fatto non esiste più neanche per la Commissione. Adesso ci sono altri numeri e indicatori». Il ragionamento che fa il sottosegretario è quasi brutale – si legge in un retroscena di Repubblica dal titolo Giorgetti minaccia l’addio. Salvini vuole un altro premier. «Così non si può andare avanti – ripete il sottosegretario leghista che lascia intendere che la poltrona di Conte è a rischio – Salvini per sua natura nel Palazzo non ci vorrebbe stare. Ma se arriva il plebiscito credo che dovrà farsi carico dell’onere e dell’onore di rivestire un ruolo superiore rispetto a quello ricoperto oggi».

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