Insegnante sospesa, i prof “rossi” fanno le vittime: «Ci vogliono mettere il cappio»
«Siamo insegnanti se cominciamo ad avere il cappio questo comincia a farci paura ed è anche difficile da spiegare ai ragazzi. Se cominciamo a limitare anche l’insegnamento, non c’è più speranza per questo Paese». Le polemiche non si placano e una docente, Antonella Severino, della scuola “Falcone” di Palermo, fa la vittima per quanto accaduto alla professoressa palermitana Rosa Maria dell’Aria sospesa dall’insegnamento per 15 giorni per non aver vigilato su un video dei suoi studenti che paragonava il decreto sicurezza con le leggi razziali del periodo fascista. Severino ha espresso questa “paura” accompagnando alcuni studenti della I, II e III media della scuola Falcone alla premiazione del concorso nazionale “Tricolore Vivo” dedicato quest’anno all’articolo 21 della Costituzione.
La prof: «Era un modo per fare storia»
I prof “rossi” fanno le vittime, non ci vogliono stare. Le parole non convincono. «Siamo sempre per promuovere il senso della libertà e di vivere uno Stato democratico – dice – Prima di dare un giudizio su quanto è accaduto bisognerebbe capire bene com’era contestualizzato il tutto. Credo che non sia stato capito l’approccio didattico dell’insegnante, in fondo era un modo per fare storia». Fare storia in maniera impropria con paragoni infondati, in realtà , non è un buon argomento. La collega aggrava quanto accaduto alla docente sospesa, quando poi afferma che la collega aveva parlato con i suoi studenti, «soprattutto con quelli di terza media che quest’anno hanno studiato il fascismo e le leggi razziali. Abbiamo analizzato – dice – il diritto allo studio, il diritto alla libertà d’insegnamento, l’articolo 21 della Costituzione e il fatto che si è lottato per avere questi diritti – aggiunge – I ragazzi pensano che non sia giusto quello che è successo alla professoressa».
Ma insegnare non vuol dire indottrinare
Non si rende conto la collega che insegnare non vuol dire indottrinare o dare la sensazione che si viva in un regime illiberale, solo perché un decreto ministeriale – migliorabile, certo – chiede maggiori garanzie per la sicurezza. E aggiunge: l’insegnante: «Lavoriamo tanto sui diritti: il diritto ad avere una scuola in un ambiente sano e anche il diritto a protestare quando le cose non vanno. Li educhiamo ad avere una coscienza critica e ad utilizzare nella giusta maniera gli strumenti di denuncia, come la lettera, quando le cose non vanno. Insegnamo loro la Costituzione, il valore simbolico del tricolore e tutto quello che rappresenta, il non dare per scontato il fatto, la libertà, perché ci sono state guerre ed epoche in cui non è stato così». Ecco, andrebbe insegnato e con parole nette che il pericolo del fascismo è una invenzione elettorale e che l’uso politico della storia non è un insegnamento da impartire sui banchi di scuola. Non è questione di libertà, ma di verità.
La qualifica di “insegnante” io gliela toglierei. Vai a scuola, prendi lo stipendio, qualifica “zecca rossa” ma non “insegnante”. Bolla di infamia! O Daspo scolastico, visto che va di moda .