Il voto di domenica prossima e il governo: sarà la somma a fare la differenza
Sarà la somma a fare la differenza. Anche se il dato percentuale verrà fortemente condizionato dall’affluenza. Perchè, normalmente, alle elezioni per il Parlamento europeo vota meno gente. Cosicchè è ovvio che la percentuale s’impenni. E dia alla testa. Fatto puntualmente accaduto al Pd di Matteo Renzi che, per l’appunto, alle scorse europee, si gonfiò come la “rana del diavolo“, un fossile preistorico ritrovato in Madagascar: col 57 per cento d’affluenza (e con 80 euro elargiti in busta paga!), il cazzaro di Rignano sull’Arno acchiappò il 40,81 per cento. Numeri oggi impensabili per Nicola Zingaretti, che infatti mette le mani avanti pronto a “brindare” per l’esatta metà. Altra era geologica, quel 2014. Quando ancora un Silvio Berlusconi concentrato di ogni lordura e nefandezza (non l’odierno campione di europeismo e moderatismo!), cacciato dal Senato con ignominia ed additato al pubblico ludibrio dei servizio sociali, riusciva ancora a raggranellare per Forza Italia un dignitoso 17 per cento: numeri che ora manco a pagarli! Un lustro lungo un secolo. Che vede adesso protagonista quel Matteo Salvini allora umile e affannato gregario. Colui che, è bene ricordarlo ad ogni memoria corta, ereditata una Lega ancora Nord, (dilaniata da accuse, mutande, ramazze e diamanti), spuntava uno striminzito seppur vitale 6 virgola. Dato triplicato alle politiche dello scorso anno, con l’avvio della trionfale stagione del “Capitano” e che lunedì mattina potrebbe consentirgli di sfiorare o superare il 30 per cento. Un successo indiscutibile che, per assurdo, potrebbe persino tranquillizzare i Cinquestelle. Anche i più riottosi tra loro. Il caravanserraglio di utopie e buone intenzioni messo su da Beppe Grillo, è rimasto finora tale anche alla prova di governo. Ha bisogno di tempo. Ragion per cui Luigi Di Maio (che non ha altra chance!) un 23 per cento tondo lo firmerebbe ad occhi chiusi, dando per scontato il sorpasso leghista. Daltronde, se è vero che i rapporti di forza nella coalizione andrebbero praticamente a pareggiarsi, la sostanza rimarrebbe immutata: ora come un anno fa la maggioranza assoluta sarebbe ancora in favore del governo gialloverde. Ecco perchè alla fine sarà la somma a fare la differenza.