Di Maio provoca Salvini: “Su Siri sia intransigente come sui migranti ma niente crisi”

5 Mag 2019 18:19 - di Valerio Falerni

Tutto il suo senso per la poltrona Luigi Di Maio lo rivela nel corso della trasmissione In 1/2 ora davanti a Lucia Annunziata: «Se si spacca il Consiglio dei ministri su Siri – annuncia – non chiederemo la crisi di governo, avremo comunque raggiunto l’obiettivo». Il capo politico del M5S – almeno così pare di capire dalle sue parole – pretende da Salvini una resa senza condizioni. Via Siri dal governo con tanto di spaccatura in Cdm (Di Maio ha indicato il prossimo mercoledì come data probabile al «99 per cento») e poi, come se niente fosse, addio alle polemiche e più alleati di prima. Ma si tratta di una pretesa paradossale. Il battage propagandistico incrociato di Lega e Cinquestelle sul sottosegretario indagato ha fatto di Siri e della sua vicenda giudiziaria il confine che separa la vittoria dalla sconfitta. Vero è che Di Maio vince perché ha la maggioranza dei ministri, ma non è lui da solo a decidere se quel voto potrà o meno condurre ad una crisi di governo in piena campagna elettorale.

Di Maio: «La Lega non ci mollerà per una poltrona»

Non a per caso sta già ribaltando la frittata per inchiodare l’alleato sulla più scomoda delle accuse per chi ambisce ad incarnare il cambiamento: l’amore per la sedia: «È davvero preoccupante – dice infatti – il muro contro muro della Lega per una poltrona. L’ultimo che ha sollevato una crisi su un indagato è Mastella». È solo l’inizio della carrellata. Già, perché dopo Mastella arrivano in tandem Lupi e Renzi. Il primo, ricorda Di Maio «si dimise per molto meno»; il secondo «per molto meno fece dimettere il suo ministro dello Sviluppo economico». Con queste premesse, la conclusione è persino scontata: «Se Salvini vuol far peggio di Lupi e Renzi faccia pure, ma finché sta con il M5S si seguirà la procedura per rimuovere il sottosegretario».

«L’ultimo a far cadere un governo per un indagato fu Mastella»

Un richiamo all’ordine in piena regola e, soprattutto, in diretta tv. Ma tant’è, il caso Siri ha ribaltato i ruoli trasformando Di Maio da preda in cacciatore. Ora è lui che va a stanare Salvini. E al leghista che aveva proposto di spostare ogni decisione sul sottosegretario indagato al suo eventuale rinvio a giudizio , il pentastellato risponde che «non ha senso» perché «la questione non è l’inchiesta in sé, ma un sottosegretario che avrebbe provato a favorire un singolo con una legge». E, si sa, «il governo del cambiamento non può avere atteggiamenti del passato», di quando – cioè – comandava la Casta. Insomma, per il M5S «su questa cosa non si passa». C’è anche lo spazio per un attacco più diretto: « Voglio dire a Salvini è facile fare il forte coi deboli. Mi aspetto dalla Lega e da Salvini una posizione intransigente, come ce l’ha sulla sicurezza e sui migranti, anche quando si recluta la classe politica devi stare attento. Dopo le bastonate, i cerotti: «La flat tax la votiamo subito se la Lega ci fa vedere le coperture. Poi facciamo anche il salario minimo».

 

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